Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

3. Il restauro cosmetico e Aristotele messo a nuovo In queste operazioni filosofiche contemporanee il restauro diventa inevitabilmente una forma di cosmesi, che comporta lo smembramento dell'oggetto restaurato, quando non la sua copertura con una patina. Lo smembramento è volto a ricuperare la parte nobile e pregevole dell'oggetto originario, come nel Medioevo, quando erano materiali prestigiosi, come il marmo, a essere soprattutto integrati nei nuovi edifici. L'esibizione del passato, a volte così ingombrante in varie filosofie contemporanee, corrisponde anche a una forma di cospicuo dispendio, a una manifestazione di prosperità e nobiltà, che affonda in radici lontane. D'altra parte, ciò è segno che i nuovi edifici filosofici sembrano o vogliono denunciarsi come incapaci di sussistere da sé, sgomenti del proprio tempo. Già la letteratura cristiana dei primi secoli aveva determinato un vasto movimento di discriminazione, nei testi filosofici antichi, fra quanto è vero e quanto è falso, sulla cui falsariga si sarebbero mosse le posteriori distinzioni fra ciò che è vivo e ciò che è morto. Ma nel mezzo, tra questa impostazione del primo cristianesimo e le operazioni di moderno restauro cosmetico, si è frapposta la filologia dell'Ottocento, nelle sue pretese di cogliere, con i suoi particolari strumenti, il «vero» Platone o Aristotele. Ciò ha complicato ulteriormente le cose, perché ha introdotto in maniera netta una distinzione tra il vero Platone e ciò che è vero in Platone, una distinzione totalmente estranea a un antico platonico o neoplatonico, che non avrebbe mai smembrato le dottrine del maestro. Gli strumenti dell'interpretazione allegorica consentivano, se non altro, proprio di eliminare la possibilità che ci fosse qualcosa di falso nel vero Platone. Erano piuttosto i fautori di un falso Platone che pretendevano di mettere in primo piano ciò che di falso sarebbe stato in Platone. Al contrario, il moderno restauro filosofico di quanto è 183

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