Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

tà, col loro mondo: un avvicinamento che va sempre incontro a qualche imprevisto. Colonetti. D'altro canto le mostre permettono, nonostante forzature, errori, molte volte filologicamente gravi, una sorta di democratizzazione percettiva e visualeanche se il termine può avere un significato contraddittorio-delle opere d'arte, che non sempre è facile osseroare e guardare direttamente. Non sempre la ricostruzione, e quindi questa sorta di restauro attraverso un allestimento, è scientificamente fondata, per cui si può prestare a letture diverse e devianti rispetto all'autenticità filologica del «pezzo». Ma, in ultima analisi, avvicina all'arte nuovi interpreti e quindi consente, pur in modo non sempre lineare, una conoscenza più diffusa dell'esperienza artistica. Conti. Dal mio punto di vista si pone piuttosto il problema del restauro distruttivo nei confronti dei materiali originali che trova la sua molla di essere in una lettura dei dipinti più facile per le fasce di pubblico meno colte. Quello che mi chiedo sempre davanti a queste manipolazioni è se si tratti di democratizzazione o non di un momento ulteriore di alienazione che si viene a sommare ad altri cercando di cancellare le differenze fondamentali che ci sono fra il mondo delle nostre assuefazioni quotidiane e questi oggetti. In modo che essi non costituiscano un'occasione di autocoscienza, ma rientrino in uno stile di vita in cui la cultura deve intrattenere, non deve più servire per pensare; deve mantenere in un certo alveo, costruire un assenso che non disturbi la situazione che si è creata. Si dà un momento in cui i meccanismi che guidano la regia di certe manifestazioni cessano perciò di fare cultura e divengono una fabbrica di assenso. 148 Alessandro Conti Italo Viola Aldo Colonetti

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