Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

Anche per altri aspetti le precisazioni di Pasquali hanno consentito aggiustamenti e ridefinizioni sostanziali delle soluzioni delineate da Maas; basti ricordare, fra le altre, la celebre questione dei recentiores, non deteriores, formula con la quale Pasquali rilevava come i codici meno antichi non fossero, necessariamente, quelli che fornivano le lezioni peggiori3°. Questa precisazione di Pasquali si è imposta da tempo nella critica testuale, ed ha trovato numerose conferme in edizioni recenti. Qualche osservazione, invece, merita un concetto cruciale dell'elaborazione lachmanniana, quello di archetipo. Il termine designava, nella concezione di Lachmann (ma di codex archetipus, con un significato grosso modo analogo, aveva parlato già Madvig nel 1833), il codice medievale perduto dal quale dipende la tradizione di un'opera; questo significato era ripreso da Maas, che pure ammetteva la possibilità che l'archetipo potesse coincidere con l'originale (ma aggiungeva di non conoscerel «alcuna opera di qualche estensione di un classico, per la quale si possa contare su questa possibilità»31 ). La situazione-tipo così delineata appare, in realtà, meno universale di quanto Maas non credesse, come rilevava del resto Pasquali, che citava casi in cui l'ipotesi dell'archetipo medievale risultava sostanzialmente inutile32• Anche a prescindere da questa considerazione, è la stessa definizione di archetipo, quale si è imposta nella Textkritik, a risultare ambigua e a suscitare sostanziali equivoci: li ha esaminati analiticamente, in un recente articolo, Michel D. Reeve33. Ambiguità determinata, soprattutto, per la confusione che la definizione corrente realizza fra un concetto di tipo logico, quello dell'archetipo quale testo ricostruibile a partire dalla tradizione esistente, ed un concetto di carattere storico, implicito nella concezione lachmanniana dell'archetipo quale codice medievale perduto. A questa difficoltà aveva cercato di rispondere Alphonse Dain34, prendendo le distanze dall'archetipo lachmanniano, inteso quale «le plus118

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