da Bédier, e cioè quello della connessione che semb�erebbe esserci fra l'esito più frequente della stemmatica e il modo in cui lo stemma viene usualmente definito. Le conclusioni alle quali Bédier perveniva, con la valorizzazione del codex optimus, offuscarono indubbiamente la percezione dei problemi che egli aveva posto, e provocarono per certi aspetti un arroccamento della Textkritik, nonostante i limiti del metodo lachmanniano si fossero fatti via via più evidenti. La sistematizzazione di Maas costituisce, sul piano storico, un tentativo di sanare gli elementi di crisi, e di dotare il metodo lachmanniano di una fondazione teorica più salda; il suo contributo nuovo più rilevante, come ha dimostrato Luciano Canfora21 , è costituito dalla definizione dei Trennfehler quale criterio dell'eliminatio (anche laddove mancano le tradizionali condizioni per la eliminatio), e quindi della definizione dei rapporti di dipendenza fra i diversi testimoni, nell'ambito dello stemma. Lo sforzo di Maas, che mirava essenzialmente a rendere accettabile una semplificazione, della stemmatica, ed un maggiore controllo delle possibilità di contaminazione, va considerato fallito, «per lo meno sul piano teorico», come osserva Canfora; è significativo, però, che Maas riproponesse la sua soluzione, senza correzioni sostanziali, ancora nel Ruckblick del 1956, ad oltre un ventennio dalla pubblicazione della Storia della tradizione e critica del testo, il saggio che Pasquali aveva dedicato proprio alla discussione della maasiana Textkritik22. Scaturito propriamente dalla recensione del compendio di Maas, il volume di Pasquali aveva finito con il superare di parecchie volte, in quanto a numero di pagine, il lavoro recensito. Maas, da parte sua, replicava a Pasquali nel 194923 , in occasione della pubblicazione della seconda edizione della Textkritik, mostrando di aver colto assai bene la radicalità delle obiezioni che gli erano state mosse: la storia della tradizione, egli affermava, era stata 114
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