Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

La salvezza, la vittoria, la sconfitta. Tre narrazioni storiche 1. Storiografia e scrittura «Ritengo che la storia sia prima di tutto un'arte letteraria. La storia non esiste che attraverso il discorso; perché sia valida occorre quindi che sia valido il discorso. La forma è dunque, ai miei occhi essenziale»: 1 così afferma Georges Duby nel corso del libro-intervista da lui scritto insieme con il filosofo Guy Lardreau. È un tema che lo appassiona, e lo induce a tornarvi sopra ripetutamente: «[...] non sono indifferente ai ritmi, alla musica della scrittura [ ...]. Credo di non scrivere allo stesso modo la storia degli eventi e la storia delle strutture. Vi è infatti un modo per raccontare il crepitio degli avvenimenti, e poi un modo di lasciarsi trasportare dalla corrente densa, profonda, che investe la civiltà nella sua interezza, e di sbrogliare l'intrico dei suoi fili e dei suoi mulinelli. A questo livello della durata, è questo il tono che conviene, e non un altro».2 La storia, dunque, come un romanzo? -lo sollecita Lardreau. La risposta è sfumata, problematica: «La differenza tra il romanziere e lo storico è che lo storico è obbligato a tener conto di un certo numero di cose che gli si impongono; che è trattenuto da una preoccupazione di "veracità", se lei vuole, piuttosto, forse, che di "realtà"».3 Ma «al limite, neanche il romanziere può raccontare qualsiasi cosa; vi sono vincoli che gli si impongono, che sono forse meno visibili, ma altrettanto forti, altrettanto 65

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