Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

gnato alla televisione, dimensione interamente mortifera, emblema unificante di una società in cui si «muore» proprio in quanto si dorme davanti al video. Il più compiuto e il più coerente, fra tutti gli episodi, è La bellezza del demonio che possiede un notevole spessore narrativo e trasporta il proprio contenuto tanatologico attraverso la Storia. In Dylan Dog, grazie anche ai disegni che vengono assegnati via via quasi sempre ad autori dotati di talento, si tende sempre una trappola al lettore. Dylan è bello, giovane, romanticamente lieve nella Londra dei nostri giorni, accanto a lui c'è Groucho Marx che gli fa da assistente, il clima è soffice, divertito, elegante, scanzonato. Poi arriva l'horror e allora si scopre che l'atmosfera distesa dell'inizio doveva fare da cornice all'incubo, renderlo più cupo e più nero (Fig. 8, a, b).Morte e malattia, nevrosi e patofobia sono argomenti quasi mai trascurati: sembra, a volte, che Dylan raccolga, negli autobus, nelle sale d'attesa dei medici, nelle «poste dei lettori» di tanti quotidiani e di tante riviste, la chiacchiera media complessiva, così spesso rivolta a trattare, dolentemente, questi stessi temi. E c'è una forma di redenzione, che forse ha reso possibile il successo di questi albi, quando si passa dal ripetuto e non curante disprezzo di una USL alla legittimazione mitopoietica di queste storie. La solitudine, peraltro, e una maliconconia8 di massa su cui non si può evitare di soffermarsi, sono i segni caratteristici di questa produzione (Fig. 9, a, b). A questi «eremiti di massa» che ipotizzo come lettori, vengono offerte storie che non appartengono alla più classica genealogia dei comics. Ho voluto evitare una correlazione con forme elitarie e sperimentali (che esistono e mostrano una interessante fenomenologia) perché ero attratto dalla singolare vocazione attuale di un medium che nasceva «comico» perfino nel nome. Antonio Faeti 195

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