Il piccolo Hans - anno XV - n. 58 - estate 1988

sona agisce soprattutto attraverso la demoltiplicazione della propria coazione discorsiva; solo nello smembramento del proprio discorso (già plurilinguistico) in una pluralità di soggetti, solo in tale smembramento essa sussiste, decostruita e nello stesso tempo paradossalmente potenziata, sia pure in modo del tutto artificiale, così come è inserita in questa sorta di dialettica fittizia, divoratrice di alterità; «raddoppiare», «triplicare i sensi delle [proprie] frasi»23, non ha altro senso che quello ancora di raddoppiarsi o triplicarsi, costituendosi come il senso stesso del testo (il testo umoristico, naturalmente). È qui precisamente che di nuovo si offre, precisata nel circuito enunciativo, la nozione di geroglifico. «Stipare quanto più senso si possa in ogni frase»24 vuole qui dire, per converso, costituirsi una identità come geroglifico: il nesso che converte una «concentrazione» in una dispersione, e viceversa, è lo statuto stesso del labirinto geroglifico, è la dissipazione umoristica di qualsiasi supposto fondamento, che sovrappone le «minute osservazioni» (nota 2492) ad ogni centralità di senso: l'arabesco, già romantico, si è avviluppato in ipersegno, il quale opera subito la fuga delle individuazioni, il lavoro molteplice del senso; non troppo paradossalmente, la «densità» implica la fuga, la condensazione implica lo spostamento. L'unica centralità possibile per il soggetto, nella condizione geroglifica, è la lateralità dei propri successivi sdoppiamenti; il topos ottocentesco, dicevo, si ridefinisce quale parabola infratestuale, e anzi svolta sui margini del testo: arabesco, proprio (implicando questo concetto l'elusione di ogni centro): il Doppio regredisce e minacciosamente s'introduce, in un sistema di riprese e di inferenze che metterebbe in moto il lettore smaliziato e cooperante («da lettore mutàtosi in collaboratore»25), nella stessa nozione cardine di autore. Ricorderò che i tre nomi messi in gioco (Alberto Pisani e Guido Etelrèdi al livello della diegesi; Carlo Dossi ad un livello teoricamente extradiegetico, ma 88

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