manere della persona (persona grammaticale), persona vuota: «io sono io». La spaccatura pseudonimica si rivela così in ultima istanza una replica denominativa della sindrome del sosia: «lontano da se stesso, figura chissà dove» (Dostojevskij); l'individualismo umoristico non potrà porre questa fuga che nelle maglie di una nominazione labirintica: ruotare in un moto perpetuo intorno alla grammatica empiricamente finta dalla t_rascendenza di un soggetto autore, ossia all'autocitazione di una prima persona già vuota di referenza, non sarà che un preservarsi nell'elusione di una qualsiasi pretesa di verità, l'identificazione biografica (dato che è la garanzia stessa d'identità, conferita dal nome, la condizione della crisi). Nello spettacolo del prodursi del testo, che suole riportarci da · un autore ad una rappresentazione, e da questa a quello, assistiamo all'incrinarsi della familiarità con l'identico (l'identità medesima con un nome), in questo modo aprendosi una falla dell'individuazione all'irrompere dell'inquietante: ad un effetto di straniamento extratestuale; assistiamo, soprattutto, ad un ammmutolire pieno degli oggetti, quello stesso che Benjamin vuole proprio di ogni iperdenominazione; a maggior ragione che in qualsiasi autobiografismo sincero, la parola su di sé la vediamo che «refait brusquement de la première personne un pur signifiant (Je)»21 : è naturale, io è pur sempre un altro, è pur sempre molti. È il momento forse di riassumere e ridefinire nella sua complessità la condizione espressa da questo testo singolare. La doppia metonimia, che implica Carlo Dossi e Alberto Pisani reciprocamente («Alberto Carlo Pisani-Dossi») traccia, nella consistenza della rappresentazione, un tragitto (da narratore a personaggio, da personaggio a narratore) duplicemente deviante, il quale nega l'autobiografia nell'atto stesso di produrla, e nega il romanzo nell'atto stesso di fondarlo. Doppio l'una dell'altra, a strati differenti della rappresentazione, queste due proiezioni del 86
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