zione centrale, che occupa circa la metà della superficie a stampa) e di lunghezza rigorosamente identica (una tavola). Stampate sul recto, le tavole recano a fronte uno spazio bianco che marca fortemente lo stacco tra le une e le altre. Questo isolamento offre alla lettura composizioni chiuse in se stesse, percepibili con una sola occhiata. Dall'altro lato, pur rifacendosi al modello dell'imago mortis2 , scandendo quindi le scene in cui la morte, nelle sembianze di uno scheletro, sorprende l'uomo occupato nelle sue faccende quotidiane, Macabré ha non meno a che vedere con la tradizione dell'emblema di cui è nota l'importanza fondamentale del raggruppare e dell'unificare. Leggere l'emblema significa andare oltre la scomposizione iniziale, penetrare il rapporto nascosto ed enigmatico dei tre elementi associati dal genere: la figura, l)ntestazione, il testo. Indicato dalla tavola «L'Arcano XIII», l'esempio preso in considerazione (v. fig. 1)3 rappresenta il centro spostato del volume: il posto che occupa, il tredicesimo, è un'inversione del numero totale dei segmenti - trentuno - che costituiscono il libro, dove tutto concorre a evidenziare la figura dell'inversione (che il volume abbia 31 parti ne è già una prima illustrazione, nella misura in cui questo numero capovolge quello del simbolo stereotipo della sventura e della morte, il 13). Rapportata alle altre tavole di Macabré, questa si distingue inizialmente per il particolare referente della componente iconica. Perché questo Arcano dei tarocchi? O, più esattamente - poiché dal punto di vista tematico l'Arcano della Morte era quasi inevitabile - perché il tarocco? Allo stesso modo del motivo di Roche per eccellenza, il cranio, anche il tarocco ha, segnatamente, origini linguistiche. Ecco come. La formula liminare del testo «memento mori» si riallaccia non soltanto all'universo della riflessione morale; attraverso le consonanti iniziali rinvia anche al mondo della chiromanzia (le due M sarebbero una trasposizione delle linee 190
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