Il piccolo Hans - anno XV - n. 58 - estate 1988

ni più grandiose e sconvolgenti, l'uomo può essere indotto a provare2 . Si tratta, ovviamente, di una «Natura» ben diversa da quella dei «naturalisti»; più vicina, semmai, a quella dei grandi miti originari che richiamano a un passato - non poi tanto remoto - dell'umanità: una natura nella quale aleggia - in tutta la sua terribilità -il sacer, il divino. Né certo casualmente Hegel, nel riprendere nella sua Estetica, il concetto di sublime, lo ricollega direttamente alla «sublimità da parte di Dio», rapportata alla «nullità» dell'uomo3 • Nella descrittiva, nel «catalogo» del sublime naturale, le montagne - come appare anche dal passo citato di Kant - occupano un posto particolare: è su un monte, l'Olimpo, che gli Dei della Grecia hanno dimora; è su un monte, il Sinai, che Dio appare a Mosé per dettargli le tavole della Legge: «Tutto il Sinai fumava, perché il Signore v'era disceso in mezzo al fuoco; il fumo ne saliva come da una fornace, e tutta la montagna metteva spavento... Il Signore discese sul monte Sinai, proprio sulla sommità...» (Esodo, 19). 2. Le montagne come metafora Nessuna divinità sembra abitare le montagne del giovane Gadda, quello che scriveva di getto, «dal 22 al 30 agosto compresi dell'anno 1918», nel campo di prigionia di Celle, il suo primo racconto, La passeggiata autunnale. Si deciderà a pubblicarlo solo quarantacinque anni dopo, su «Letteratura», senza mutarne una virgola e rinunziando «perfino a rivederne le bozze»4 • Non è difficile scorgervi nel personaggio di Rineri, un elemento autobiografico: «Giravo sempre e solo da parer dannato per malefizio, subivo la compagnia della gente come i rami che frustan 117

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