Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

sessualità. Da questa bruta realtà dello stupro di una guerra soccorre la natura di finzione del trauma (che sempre si racconta in una «favola di Natale»: ricordiamo quella inviata il primo gennaio 1896 a Fliess da Freud, la storia atroce, reale, di una violenza perpetrata su un bambino, che deve passare per la figuretta goethiana di Mignon: Povera Mignon!, scrive Freud), il suo essere vissuto in seconda o terza persona, il suo essere spostato, come abbiamo appena visto, sullo zio materno, il suo essere semplicemente sentito dire. Il trauma di guerra è essenzialmente interpersonale: ecco come gioca qui il «contagio», non passaggio di sintomi ma di persone. E uno ne soffre nella carne, per non dire nelle cellule. Falsato o inventato di sana pianta, il trauma dice il vero provando per ciascuno ciò che Darwin dimostrò dell'uomo: che non c'è vera origine, perché la discesa dell'uomo non è umana. L'uomo discende da esseri inferiori: animali, ebrei, un cazzo? Come non tremarne fino a far assumere i connotati di un morbo di Parkinson alla nevrosi della malcapitata cui la ripetizione operata dal marito del destino del padre non lascia altra sorte che dividersi in quattro tra morti e viventi, come perpetuamente scossa dal trattamento elettrico riservato in guerra ai casi di choc? Priva di qualsiasi riferimento a una nevrosi di guerra, giacché il suo paese fu forse l'unico o comunque tra i pochissimi che restò del tutto estraneo all'ultimo conflitto, una mia paziente arrivò ad assegnare all'origine della sua vita le conseguenze di una futura nevrosi traumatica di guerra. La vicenda bellica in cui, per spostamenti di famiglia, venne molto in seguito a trovarsi, le permise infatti di pensare in analisi, ma spostato sulla persona del patrigno, l'eventualità di un suo desiderio incestuoso diretto sul padre, che aveva fatto parte dell'esercito, e che lei non aveva potuto conoscere perché scomparso poco dopo la 28

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