Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

compreso a quale vicenda omicida avrebbe condotto la sanguinosa soggezione della bestia. L'animale è là a mostrare, con la sua diffidente estraneità, la nostra lontana educazione alla crudeltà. Il Cristianesimo poteva essere la terapia dell'anima capace di sanare le piaghe di questa orrenda· vicenda. La religione dell'amore doveva condurre all'effetto della pace come amicizia generalizzata e alla comune fruizione, nel reciproco amore, dei beni della pace. Ma la storia del Cristianesimo è il fallimento dell'insegnamento cristiano, come se gli scopi mondani tracciati dall'ansia dei poteri disseccassero il dono salvifico della parola. Ci sono profeti cristiani tra i combattenti: monaci, teologi, vescovi appaiono, in varia misura, impegnati nel compito di giustificare la guerra. Così nella tradizione dottrinale della teologia, prende corpo il tema della «guerra giusta» che ha in Tommaso la sua codificazione intellettuale, poiché il gioco dell'intelletto prende ormai il luogo del sentimento dell'amore. Quali che siano i penetrali nel cui silenzio si è smarrito l'eco dell'insegnamento evangelico, ora in tutto il creato abbiamo «un solo animale (che) ingaggia con i suoi simili traffici e mercati, zuffe e guerre». È da notare che nel testo di Erasmo il mercato è prossimo alla guerra (tutto il contrario di ciò che accadrà più di due secoli dopo) poiché, in comune, essi hanno la distru­ ·buzione dei ruoli del contendere. Ma è anche interessante la vicinanza della parola zuffa alla parola guerra, poiché ricorda il modo in cui Rabelais tradusse la politica di conquista di Carlo V e di altri sovrani nella contesa di paese che aveva opposto la sua stessa famiglia ai Gaucher de Saint-Marthe. Non si può minimamente qui riprendere in modo approfondito questi temi rabelaisiani, e tuttavia è certo che lo stabilire una possibilità di trascrizione di eventi grandiosi nelle proporzioni di accadimenti di paese, invita a riflettere sull'analogia della violenza, quali che siano le sue proporzioni. E il criterio dell'analogia, 152

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