Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

È notte. Devo raggiungere i miei genitori in un posto dove forse c'è una festa. Siamo in piazza Castello e io faccio notare a due miei compagni che se ci fosse più traffico e più luci, Milano sarebbe come Parigi. Propongo ai due, uno dei quali è Boncompagni, di fare un pezzo a piedi, di andare fino alla prossima fermata della metropolitana. Noto su un torrione del castello una bellissima fioritura e mi slancio in nuovi elogi di Milano. Ma a quel punto come a raffreddare il mio entusiasmo, vedo un lmigo striscione della coca-cola che scende dall'alto e offre uno sconto a chi ne acquista una data quantità. La terza scena è una specie di ambiente ospedaliero, di ambulatorio o Usl dove parlo con il medico che dovrà farmi un piccolo intervento chirurgico. È magro, segaligno, scherza e firma confusamente una ricetta o una prescrizione. Poi ci torna su e commenta dicendo di stare attenti a non coritagiarlo con la nostra paura. Nell'allontanarci mia moglie mi fa notare che ho dimenticato di dirgli di non asportarmi un neo che ho sulla schiena (lo vedo, parlandone, è un neo scuro). Lo striscione della coca-cola era rosso. Il principio del, sogno enuncia un primo principio: il linguaggio verbale è doppiato da un altro linguaggio, un linguaggio di cenni. Questo linguaggio non ha niente di vago, di allusivo, giacché coincide con il linguaggio esatto, codificato, dei sordomuti. Un linguaggio per cenni. Un linguaggio muto. Il riferimento alla sordità è isolato e separato dal sogno che ambienta la scena all'interno di un'autovettura: non si sente per questo, non perché qualcunò sia sordo. Muto è allora questo linguaggio come l'azione dell'istinto di morte, muto e inavvertito (sordo è il sognatore) come il verificarsi di piccole differenze graduate da cui dipende eros e morte, sopravvivenza e scelta sessuale di ogni vivente. 12

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==