Il piccolo Hans - anno XIV - n. 55 - autunno 1987

connessioni freudiane Il "libro strano": Ayesha e la teoria 1. L'Only connect, solo connettere, fosteriano non è appena un buon precetto di tecnica narrativa e forse non si esaurisce neppure in un riconoscimento di rispondenze interdisciplinari. Vale la pena di supporre che sia una maniera di leggere Freud. Uno dei sogni più noti e frequentati della Traumdeutung, designabile come «dissezione del proprio bacino», si presenta oltretutto quale luogo dove esercitare con utilità questa pratica delle connessioni. Il capo del filo che voglio seguire per l'occasione è il riferimento che Freud fa, nel commento al sogno, a due romanzi di fantasie e d'avventura dell'inglese H. Rider Haggard, che le storie letterarie citano con qualche schifiltosità-e non sempre-per la fine dell'Ottocento, mescolandolo a Ouida, Marie Corelli, Grant Allen, Mrs. Humpry Ward, Conan Doyle. Non mi propongo nessuna restaurazione di meriti per Rider Haggard. Era un gentiluomo britannico, vissuto fra il 1856 e il 1925, che bazzicò l'Africa ricavandone spunti per i suoi libri, dei quali almeno tre o quattro - King's Salomon mines, She, The heart of the world, Dawn, Allan Quatermain-s'affidano alla memoria delle letture infantili e delle riduzioni cinematografiche. I romanzi chiamati in causa da Freud sono appunto She, letteralmente «Lei» ma forse più noto sotto il titolo italiano «La donna immortale» (che mi pare consegnato alle copertine liber154

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==