Il piccolo Hans - anno XIII - n. 51/52 - lug./dic. 1986

1977, p. 56: «La cosa allucinata, secondo Marleau-Ponty, comporta una significazione implicita e inarticolata, la cosa vera è "ripiena delle piccole percezioni che la portano nell'esistenza": le immagini ritagliate da Ignazio non sono allucinazioni, il loro modello è il reale intellegibile». " Sull'idea dell'organizzazione dell'essere secondo un sistema di «specchi analogici», in una prospettiva di rappresentazione poetica, si veda Mc Luhan M., The Analogica! Mirrors, in Hopkins. A Collection of critica! essays, op. cit.; Serpieri A., Hopkins, Eliot, Auden. Saggi sul parallelismo poetico, Bologna, 1969, in particolare su Hopkins «Due Sonetti del 1877». " Cfr. The Principle or Foundation, in A Hopkins Reader, pp. 396-397. («Quando io contemplo il mio proprio essere, la coscienza ed il sentimento di me, quel sapore di me, di un io e di un me al di sopra e dentro le cose, qualcosa che è più distintivo del sapore della birra o dell'allume, più distintivo dell'odore della foglia di noce o dell'essenza di canfora... nulla può spiegarlo, nulla gli assomiglia, eccetto il fatto che altri uomini provano il medesimo sentimento... indagando la natura io assaporo l'essere, ma in un'unica coppa, quella del mio stesso esserci»). " La citazione è riportata da Pick J. nella sua introduzione a A Hopkins Reader, p. 29. («(Swinbume) infatti o non vede del tutto la natura, oppure ingombra il paesaggio di presenze fantasmate, immagini secondarie, e deliranti quasi, tali per cui ne risulta una specie di schiuma orrenda»). " Cfr. The Principle or Foundation, ibid., p. 402. («Una parte di questo mondo di oggetti, di questo mondo-oggetto, è anche parte del proprio essere, come ad esempio del corpo, nel caso dell'uomo, con cui egli non solo sente ed agisce, ma anche si sente e con sé interagisce. Se il centro di riferimento di cui si parla è circondato da cerchi concentrici, uno di questi, diciamo il più interno, sarà il suo proprio, di lui, gli altri invece saranno solo rispetto a lui... Io guardo attraverso l'occhio, la finestra e l'aria; l'occhio è il mio occhio, di me, e una parte di me, la finestra è la mia finestra, ma non è me, né una mia parte. Un io consisterà dunque di un centro e di un'area circostante, di un punto di riferimento e di un campo di appartenenza, quest'ultimo distinto rispetto al primo in due sezioni, che potremmo chiamare inset e outsetting»). " Cfr. Lacan J., Il Seminario. Libro XI, Torino 1979, in particolare il capitolo «Lo sguardo come oggetto a» pp. 69-121. " La figura «inguainata», l'oggetto esposto alla forza plasmatrice del «within, quel qualcosa che preme dall'interno per sottomettere a sé stesso la forma della bella natura e fame linguaggio» sono la direttiva predominante della rappresentazione romantica, come P. Colaiacomo ben mette in luce nel suo prezioso e recente studio, L'incantesimo della lettera, Roma 1984. Utili osservazioni al proposito sono anche in Paivio A., The Mind's Eye in Arts and Science, «Poetics», voi. 12, n. 1, 1983, da cui abbiamo tratto gran parte dei riferimenti a Coleridge. 58

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