Il piccolo Hans - anno XIII - n. 51/52 - lug./dic. 1986

tà allucinata della sfera dentro cui si chiude l'immagine di Escher nella litografia del 1935: Rand with Reflecting Sphere. Solo una mano, per altro anch'essa riflessa, sostiene nel vuoto la lucida palla dentro cui si arrotonda la scarna figura del pittore, con il suo mondo dietro. La sospensione di: questa cornice ci porta l'immagine deformata dal grigio indistinto del fondo che rende meglio l'idea funambolica della condizione d'enunciazione in cui viene a trovarsi l'«io» che parla il poeta Hopkins. L'idea di quel luogo di vertigine, d� quel ponte su cui ci ha guidati. Lì misuriamo la tensione che ha assunto per Hopkins la doppia antinomia illustrata da Jakobson, da una parte, fra ogni discorso interiore che è già un dialogo e la ripresa di parole di un altro o di momenti passati del proprio «io»; e dall'altra, l'antinomia fra «io» del poeta e «io» del testo, l'«io» della «finzione». E infine misuriamo anche su cosa sia stesa la fune sulla quale Hopkins è stato costretto a mantenere l'equilibrio, quella fune ondeggiante nella bufera di cui parlava Yeats, e che Melchiori recuperava al cammino dei suoi «funamboli»21 • Ermanno Krumm 31

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