Il piccolo Hans - anno XIII - n. 51/52 - lug./dic. 1986

ri omicidi, non può farmi più sussultare» (V,v 19-28). In Hopkins tornano le stesse angosce notturne nell'incipit del · · sonetto 45: I wake and feel the fell of dark, not day. What hours, O what black hours we have spent This night! what sights you, heart, saw; ways you went! And more must, in yet longer light's delay. With witness I speak this. But where I say Hours I mean years, mean life. And my lament Is cries countless, cries like dead letters sent To dearest him that li.ves alas! away. (45, versi 1-8)14 • Hopkins sente il monte della notte, un patibolo di ossa costruito in lui - al verso 11 dello stesso sonetto 45: bones built in me - su cui sale con witness, come noi tutti saliamo sul palco eretto di fragili ossa - al verso 5 del sonetto 69: we, scaffold of score brittle bones - e di qui la mente ha montagne, rupi precipitose dinnanzi a sé, sotto di sé - al verso 9 del sonetto 41: O the mind, mind has mountains; cliffs of fall I Frighful, sheer ... E qui, in questa corn1ce di veglia e di solitudine, la mente ingaggia la sua battaglia, la battaglia con l'angelo di Dio, con Dio stesso che dà i suoi colpi come il peggior nemico. E non potrebbero essere più duri quei colpi. Ma non dovrebbe Egli essere amico? Perché calca come una roccia il piede destro? Perché pianta sopra il suo fedele servitore una zampa di leone? Il poeta nella battaglia invia lettere morte al nemicoamico lontano, lettere che non arrivano e tornano a lui, solo lettera morta su quel suo mucchio di ossa frante dentro cui rovista, nel buio, con tenebrosi occhi. 22 But ah, but O thou terrible, why wouldst thou rude on me Thy wring-world right foot rock? lay a lionlimb against me? scan

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