Il piccolo Hans - anno XIII - n. 51/52 - lug./dic. 1986

logos avviene secondo cadenze e scansioni precisamente misurati. Le modalità discorsive che eludono costantemente il miraggio referenziale per riprodursi in un lavorio del significante si dipanano all'interno di una struttura solidamente programmata. Alla diversificazione dei tempi e dei luoghi coincidenti in superficie con le tappe della crescita di Stephen corrisponde una calibrata espansione nucleare, concrezione segnica che neutralizza il soggetto sino alla sua definitiva «mise en abyme»•. Il percorso è iter di decostruzione' ove ogni tappa è segnalata dalla sua soppressione e il momento del· passaggio è tempo e luogo della psiche significato da esperienze verbali ricorrenti, iniziazioni atipiche che conducono alla costruzione del simbolo joy­ _cianò. In esso i frammenti estetici del modello liturgico eucaristico, dopo essere stati decompost1, vengono ricostruiti entro l'immagine unitaria e profana che fissa i contorni segnici del ruolo sociale e privato dell'artista. Negando il logos, l'origine e il soggetto la scrittura del Portrait cancella l'ipotesi delle sue fonti positivistiche e filologiche. Le voci di Hauptmann, del cardinale Newman, di San Tommaso e dei padri Gesuiti, di Flaubert, riconosciute in sede critica e dallo stesso autore come informatrici dell'idioletto joyciano6, si affollano insieme alle altre eterogenee memorie culturali come altrettante suggestive allusioni intertestuali sotto forma di iride�cenze dai riflessi infiniti7 mettendo in scacco il percorso verso l'origine esattamente come il ritratto dell'artista sopprime e reprime la canonica formazione del sé empirico. Ecco perché la proposta di intertestualità formulata da Stefano Agosti in margine alla narrativa di Flaubert a proposito di Novembre come fonte non solo tematica del Portrait8 non può essere accolta come invito alla ricerca di un'origine e nemmeno di una parziale paternità, ma come sollecitazione a segnalare riverberi di senso e sue provvisorie attivazioni secondo un orientamento arbitrario che la testualità implica senza deciderlo. 174

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