Il piccolo Hans - anno XIII - n. 51/52 - lug./dic. 1986

Il Ritratto dell'Artista da Giovane: il Joyce di «Novembre» Nel Portrait joyciano, primo esempio di autobiografia modernista, l'immagine dell'artista si forma, in una serie concentrica di concrezioni verbali, sulla decomposizione dell'identità dell'uomo e la perdita progressiva del sé accompagna, in un guadagno di lettere, la concrezione dei segni che vanno a costituire il ritratto1 • Singolare percorso iniziatico, il tragitto labirintico di Stephen Dedalus all'interno del groviglio di lettere fluide e atomizzate è tuttavia orientato verso una meta trasfigurante, un incontro ove l'io perde peso e consistenza determinando la nascita di un altro da sé, autentica premonizione della separazione dell'io empirico dall'io testuale'. L'incessante ricerca di Stephen, segnalata e riverberata nel corso di cinque capitoli da una progressione di lutti e di separazioni, motivata da una costante irrequietudine, innesta un processo di alienazione linguistica che elude le lettere del logos paterno assunte e riespulse dal soggetto in un continuo differire proteso verso l'immagine da trattenere nella ipostatica celebrazione simbolica della «seabird girl»'. Il prezzo per questo traguardo è la perdita dell'origine che, delineandosi come inevitabile punizione divina per il peccato d'orgoglio, allinea l'artefice mitico sul piano simbolico dell'angelo caduto, Satana ribelle toccato dalla grazia profana dell'orgoglio creatore di un uruverso di segni trasformato. Ma nel linguaggio del Portrait la rinuncia al 173

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