Il piccolo Hans - anno XIII - n. 51/52 - lug./dic. 1986

grado di «raccogliere» i presupposti filosofici con cui il testo di Kafka è stato semplificato. Una seconda precisazione: affinché la proposta degli stili diventi efficace, bisogna trarre da Lacan le conseguenze che egli non ha mai sviluppato. Come Benveniste, Lacan ha parlato di una retorica dell'inconscio (o meglio, dell'Immaginario), non dissipando mai la sensazione che, nella vita del soggetto come in quella del testo, le retoriche siano due: quella ipercodificata del Reale, popolata da figure morte, e quella ipocodificata dell'Immaginario, abitata da figure la cui vita potrà esprimersi solo indirettamente, nelle formazioni di compromesso (del lapsus, del motto di spirito, dell'opera d'arte). Così, nel momento in cui introduce l'idea delle retoriche, al plurale, egli sembra limitarla. Una restrizione che si riscontra in tutte le interpretazioni diadiche della psicanalisi, ma non è quella di Lacan per chi sa scorgere e valorizzare la triadicità dei registri2 • Vedremo dunque l'intreccio di tre retoriche: una retorica ridotta, il Reale, caratterizzata e rigida; una retorica diffusa, l'Immaginario, mobile e confusiva; e una retorica soft, quella del Simbolico. Gli obiettivi di quest'articolo sono due: (a) dare un nuovo senso all'affermazione di Benjamin (1934), secondo cui vi sarebbero due errori tipici nei lettori di Kafka; per noi, saranno l'errore metaforico e quello metonimico; (b) mostrare come un modello triadico, sorvegliato e attento nella propria impostazione figurale, eviti i fraintendimenti delle altre interpretazioni. 2. L'interpretazione metonimica Consideriamo per prima, e con maggior cura, la lettura metonimica: non solo perché risulta più attuale, trovando corrispondenze con le tematiche della crisi e del nichilismo. Ma perché rende noto, in modo più stimolante 145

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