Il piccolo Hans - anno XIII - n. 51/52 - lug./dic. 1986

che quell'organizzazione è volta a un altro effetto, a un uso nuovo nella scrittura poetica della voce «io»; un uso che ci appare, sul piano particolare, di Hopkins, come una ripresa di Shakespeare e dei metafisici, ma che acquista tutto il suo «rilievo» pensato a partire dagli esiti novecenteschi della funzione pronominale della prima persona. Ciò che di «astratto» rimane in quelle poesie è certo legato alla sostituzione dell'oggetto esterno, vivido e volumin9so, con l'oggetto pensiero, l'oggetto mentale, a cui non vengono però a mancare i connotati di precisione, dettaglio e forte individuazione che abbiamo riscontrato nei sonetti gloriosi. In definitiva proprio questi caratteri, riportati sul nuovo «oggetto», sortiscono i risultati più sorprendenti e danno a quei testi il loro tono nuovo, quell'effetto di modernità e di novità. Ora ci faremo introdurre nell'analisi dei sonetti «terribili» dal sonetto 69 - The shepherd's brow, fronting forked lightning, owns - che vedremo prima da un punto di vista letterale e formale. Il sonetto è del 1889, l'anno della morte del poeta avvenuta 1'8 di giugno, più precisamente è del 3 aprile. Il 17 marzo aveva scritto il primo dell'89 il n. 50 - Thou art indeed just, Lord, if I contend - e il 22 aprile doveva scrivere il terzo e ultimo sonetto, pochi giorni prima di morire, il n. 51, «To R.B.» - The fine delight that fathers thought; the strong. Si tratta di sonetti di struttura miltoniana, che seguono lo schema ritmico italiano con la sestina C-D-C-D-C-D-, che però nel 69 diventa C-C-D-C-C-D. La concentrazione linguistica e ritmica di queste ultime opere esclude gli effetti di esuberanza nel metro, la ricchezza continua degli epiteti, la frequenza delle parole composte, ecc. tipici delle opere dei periodi precedenti, del «The Wreck of the Deutschland», dei sonetti gloriosi del '77, e del periodo intermedio che Gardner chiama poesie di Dio e degli uomini. Ne11

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