Il piccolo Hans - anno XIII - n. 51/52 - lug./dic. 1986

funzione ortopedica, consustanziale all'Ego di Joyce, che viene a supplire a qualcosa che non ha funzionato nella «metafora paterna»: ma come non pensare allora al ruolo giocato dal feticcio nella perversione? Perché non interpretarlo anche, sul versante dell'angoscia, come una specie di stampella, di impalcatura con cui il soggetto si sostiene incessantemente dal timore di un crollo catastrofico? Le epifanie sono sempre legate al reale, cosa fantastica, lo stesso Joyce ne parla in questi termini. È più che leggibile che l'epifania è quanto mediante l'errore consente che inconscio e reale si annodino. (Lacan, b, p. 34) Ma tale è anche l'impietrimento, il passaggio all'inorganico del perverso (per il momento ritengo opportuno non addentrarmi nella questione, per la quale comunque si veda un passaggio chiarificatore in Finzi, b, pp. 280-81). Non potremmo allora dire che l'epifania è una sorta di corrispettivo del delirio, la via di guarigione con cui il paranoico cerca di ricostruire una realtà in pezzi? Il mondo inorganico J,.Jla perversione mi appare proprio così, come il tentativo fallito di ricostruire qualcosa che è andato distrutto (vedremo più avanti che il feticcio partecipa di questo sforzo) - laddove, invece, l'epifania riesce a realizzare quel salto di qualità, il pensiero creativo e inventivo, che per Darwin è l'unico modo con cui un soggetto può sbalzar fuori da, interrompere la serie della memoria ereditaria, le abitudini meccanicamente ripetute dei nostri progenitori. Creatività che coincide per lui nel tener ferma senza limiti di tempo «un'idea fissa davanti alla mente», l'idea «vivida» di un «castello in aria»; sforzo che «sembra del tutto analogo alla grande fatica che si fa quando si tiene un muscolo sempre fermo nella medesima posizione. Forse si può spiegare così la smodata fatica del pensiero creativo» (Taccuino M; p. 31. E più avanti - p. 39 - scrive: «Tener presente nella mente un'unica idea è forse 109

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