Il piccolo Hans - anno XIII - n. 49 - gen./mar. 1986

una complessa serie di formulazioni che avevano contrassegnato la rielaborazione della prospettiva confuciana nel cosiddetto «neoconfucianesimo», dopo la lunga parentesi in cui la Cina - dal III al X secolo - era stata dominata dal prevalere della cultura buddhista. Il sapere come normazione Questo sapere era in sostanza un sapere politico. Su questo terreno bisogna tuttavia intendersi: non si trattava infatti di conoscenza empirica di fatti e di fenomeni politici, di informazioni sulle �ose del mondo del tipo di quella che può possedere oggi un giornalista bene informato o un sociologo o uno studioso di storia contemporanea o di economia, bensì di principi riguardanti le norme sulle quali fondare i rapporti umani. In sostanza coloro che aspiravano ad entrare nella classe dirigente dovevano dimostrare di conoscere appieno, fino ad una totale identificazione ed interiorizzazione, i valori sui quali lo stato cinese era stato retto e sui quali la burocrazia intendeva continuare a reggerlo garantendo la proprio indispensabilità, la propria immortalità impersonale. L'ideale era quello dell'ordine, di un ordine gerarchico generalizzato: nella società confuciana ogni uomo aveva il suo posto ed era un posto collocato entro una scala ben precisa, al disopra di qualcuno, sotto qualcun altro. Rapporti gerarchici assoggettavano il suddito al sovrano, il giovane al vecchio, la donna all'uomo, l'ignorante al colto: non si trattava tuttavia di un ordine imposto dall'esterno o con la violenza (è bene ribadire che la civiltà cinese non nacque per conquista estranea, per insediamento di un popolo di conquistatori, a differenza di quanto è avventuto per tutte le civiltà indoeuropee) e neppure di un ordine imposto con l'arbitrio e per volontà di un singolo detentore di un pçitere personalizzato di qualche genere: la giusti145

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