Il piccolo Hans - anno XII - n. 48 - ott./dic. 1985

Come un intermezzo e come un omaggio ai due poeti che si incontrano: ecco la poesia di Hopkins tradotta da Montale. Una traduzione veramente straordinaria. Si tratta di: «Pied Beauty» ( 13 )28 • La bellezza cangiante Gloria a Dio per le cose che ha spruzzate: i cieli bicolori, pezzati come vacche, la striscia roseo-biliottata della trota in acqua, il tonfar delle castagne - crollo di tizzi giovani nel fuoco - e l'ali del fringuello; per le toppe dei campi arati e dissodati, e tutti i traffici e gli arnesi, e tutto ch'è fuor di squadra, difforme, impari e strambo, tutto che muta, punto da lentiggini (chissà come?) di fretta o di lentezza, di dolce o d'aspro , di .lucore o buio. Quegli le esprime - lode a Lui - ch'è sola bellezza non mutabile. È tuttavia questione di un attimo - lo dicevamo - e il momento di grazia si eclissa, la straordinaria permeabilità del mondo al volo dell'occhio si chiude, la circolazione di Dio si arresta. Tutto il tempo si abbatte su questa felicità spaziale, la «beata gravidanza» abbandona il poeta, eunuco del tempo che non genera opera che si desti al giorno - Time's eunuch, and not breed one work that wakes. (50) -. Studieremo la nuova posizione che viene ad assumere il testo nei sonetti «terribili». Ma fin d'ora, da questa terra desolata, questa Waste Land arida e disertata dalle muse a cui siamo approdati, senza ancora inoltrarci, ci appare la traccia di una linea figurativa nella scrittura di Hopkins. Qualcosa che è attaccato alla vicenda della descrizione. A quell'esercizio, Hopkins fin dall'inizio non ha assegnato alcuna finalità estetica: conta solo l'affinamento dello strumento, la quantità di materiale messo all'opera. Grazie a ciò egli ha scoperto l'uso delle parole. Ha messo in atto 77

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