Il piccolo Hans - anno XII - n. 48 - ott./dic. 1985

ziente «contro tutte le tentazioni». «Non posso riferire questa parola per motivi che appariranno subito chiari», leggiamo. E il motivo di fondo è che l'espressione «costituiva di fatto un anagramma del nome della donna amata»: nelle sue fantasie masturbatorie il paziente, con la sua formula magica, che conteneva una S e si concludeva con un amen «aveva messo il proprio Samen (seme) in contatto con la donna amata» (6,58). Ma, negli appunti presi da lui seduta per seduta, e destinati a rimaner riservati, o ad essere addirittura distrutti, Freud esplicita, in data 21 novembre [1907] (ma riferendosi certamente a qualche giorno prima, come risulta dal contesto; e soprattutto dal fatto che già il 20 novembre Freud ne aveva dato notizia nella seduta della società del mercoledì)'5 tanto la «preghiera» - come ivi, e negli appunti, la chiama - del paziente, che «il nome dell'amata, Gisela». Tale parola era stata in un primo tempo (11 ottobre) provvisoriamente trascritta da Freud con «qualcosa come Hapeltsamen», ma senza che egli fosse del tutto convinto che sanasse davvero così, tanto da aggiungere «(chiedere precisazioni)», e da sottolineare «egli [la] pronuncia tanto rapidamente che nulla può frammettervisi»; ma non si può neanche escludere che il paziente ingarbugliasse volutamente le lettere da cui era composta. Ma nella già ricordata riunione del mercoledì 20 novembre, Freud - che aveva illustrato il caso dell'uomo dei topi nella stessa sede il 30 ottobre («Inizio di un caso clinico» (pp. 231-241) - ma sulla «preghiera» del suo paziente non si era soffermato (altrimenti non si sarebbe ripetuto) - interviene su una relazione di Stekel. Il verbale suona così: «Il nevrotico· ossessivo che già conosciamo dalla sua analisi, si è costruito una propria tecnica per preghiere efficaci; affinché non vengano disturbate o annullate dalla sua contraddizione ossessiva, egli abbrevia quanto più possibile le sue preghiere (spesso solo una parola, la prima) e 23

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