Il piccolo Hans - anno XII - n. 48 - ott./dic. 1985

per identificare l'uno all'altro i rispettivi spazi di appartenenza: lo spazio superiore e lo spazio inferiore, l'alto e il basso, l'uno e l'altro «abisso». Il testo del sonetto non rappresenta altro che l'articolazione - e, si potrebbe dire, la dimostrazione - di questa reversibilità, di questo scambio. 2. Il naufragio può dunque aver cancellato un veliero oppure («ou cela») una sirena; più esattamente, l'albero maestro («le màt») del veliero e il fianco della sirena («le flanc»). Due metonimie, le quali designano, rispettivamente, la parte della nave che ha a che fare col cielo (con lo spazio sovrastante) e la parte della sirena che ha a che fare con l'acqua (con lo spazio sottostante). Insomma: il «naufragio» può concernere o l'albero maestro («abolì») oppure («ou cela») il fianco («noyé») della sirena. La reversibilità degli spazi, implicita nella metafora iniziale che attua l'identificazione dei due termini-oggetto di base (la «nue» e la «basse») a partire dalla funzione proposizionale precitata, è perseguita attraverso gli altri oggetti che li designano: e più precisamente, trattandosi, per così dire, di oggetti anfibi, che hanno insomma a che fare, simultaneamente, con l'uno e l'altro spazio (l'atmosferico e il marino), è perseguita attraverso lo spostamento nello spazio concorrente di quella parte dell'oggetto che ha a che fare, normalmemente, con lo spazio che le è proprio. Così, la parte del veliero che ha a che fare col cielo, vale a dire l'alberatura, nella fattispecie rappresentata dall'albero maestro, «le màt», passa nell'altro spazio, Io spazio inferiore del mare. E vi passa in due modi: narrativamente, per l'evento del naufragio; ed etimologicamente, in quanto l'immagine in causa si articola - per questo riguardo - sull'opposizione dei due elementi cardinali che la costituiscono: «abolit» e «màt». «Abolir», secondo l'etimologia fornita da Littré, dal lat. ab-olesco, vale «impedire la 157

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