Allo stesso modo nel testo contemporaneo il paesaggio diviene visibìlmente spazio di scontro, raro reportage di un punto critico. Rare sono le marine che piacciono a Baudelaire come rari sono « i paesaggi delle grandi città» (« la collezione della grandezza e della bellezza che risulta dal potente agglomerarsi di uomini e monumenti, il fascino profondo e complicato di una capitale carica d'anni consumati nelle glorie e nelle tribolazioni della vita»). Ciò che è raro - e non solo riferito al tempo di Baudelaire che faceva questo discorso - è il distacco dal gusto tradizionale e descrittivo, è la comparsa della zona nuova, lacerata, insieme resto di natura e costruzione dell'uomo, metropoli e luogo di solitudine. Un occhio si muove nel paesaggio, nel testo, e includendovisi funziona come una apparecchiatura meccanica, come un dispositivo che conosce un'intera gamma di possibilità esplorative: dalla cancellazione all'accamparsi sullo spazio totale della visione. Qualcosa come « l'arciere dall'occhio e mezzo»o « l'uomo con la macchina da presa» 3 • Che la natura è un fuoco eracliteo - è il titolo di una poesia di G.M. Hopkins: il poeta ha scritto delle nuvole in brani di diario, e in questa poesia. « Nubi come ombrelli di funghi» si affollano e abbagliano nel vento che avvince, nella violenza gioiosa dove l'uomo non c'è, ma pure sussiste un pensiero che non può essere soppresso neppure nella solitudine assoluta: poiché se il segno della mente · fosse estinto nessun paesaggio sarebbe possibile, poiché ' se fosse estinto sulla terra l'uomo allora tutto sarebbe un'enorme tenebra (all is in an enormous dark drowned). L'uomo compare accanto alla propria visione: il segno del- . la mente e il segno della rappresentazione stipulano nozze crudeli. È quanto si consuma come follia nella passeggiata di Kleist a Thun, e in quelle di Lenz a Waldbach. Sensibilissimo a questa condizione critica del paesaggio, Walser descrive piante metalliche, città sotto una neve 166
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