Il piccolo Hans - anno XI - n. 43/44 - lug./dic. 1984

nel rinascimento è segnalato dalla figura del movimento intensificato, residuo di antiche passioni. In realtà con gli echi dei canti dionisiaci, col pathos degli eroi antichi, il movimento delle vesti della ninfa porta tra le sue pieghe i germi delle antiche epidemie. Nel ventesimo secolo a Firenze Warburg è assalito dal terrore di essere raggiunto da germi che provengano da qualche luogo lontano della terra. Una ninfa e la fobia. Una fobia sottaciuta, « non ho paura del cavallo », « non ho paura delle acque nere del ruscello che si aprono sotto l'uscio di casa della zia», si ritrova tra le pietre di Venezia. Se Warburg arriva a progettare Mnemosyne, un atlante, una sorta di inventario di dinamogrammi, di catalogo di movimenti o di movimenti trapassati in catalogo, la fobia come vedevamo prima che si fa mathesis, Ruskin riesce a completare le sue Pietre di Venezia, guida illustrata di opere d'arte, di percorsi da chiesa a chiesa. E questa guida di Venezia svolge benissimo la sua funzione. Come la paura del cavallo tratteneva il piccolo Hans a casa vicino alla mamma, le pietre di Venezia rispondono alla possibilità di stare lontani dalla figlia del parroco che Ruskin ha sposato. Luna di miele casta, Ruskin è riuscito a persuadere la moglie che questo è quello che ci vuole. Se Warburg ha incontrato la ninfa accompagnando la moglie artista a visitare i musei di Firenze, Warburg che ha sempre lottato per questo spazio di pensare che, nell'ambito della fobia, nel luogo della fobia, non doveva essere però smangiato, divorato dall'immediatezza del riflesso fobico, Ruskin la sua fobia l'ha sistematicamente, accuratamente, pedantescamente disconosciuta nella sua piccola autobiografia. Da questa diversità di posizione, là dove si prospet40

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