Il piccolo Hans - anno XI - n. 43/44 - lug./dic. 1984

L'anno scorso abbiamo individuato per la perversione un luogo culturale, una sorta di topologia culturale per cui si poteva riallacciare la perversione al momento di passaggio tra il tramonto della filosofia della natura e la nascita della scienza moderna: ricordate il gioco delle qualità in via di quantificarsi, come residuo del mondo del pressapoco nell'universo della precisione. Una qualità sempre insidiata dalla quantità, in cui è in gioco un calcolo, una misura. Anche per la nevrosi possiamo reperire un luogo di origine storico in cui questo storico non va inteso in modo cronologico empirico. Storico è un aggettivo che in psicoanalisi va inteso non nel senso dello sviluppo, ma in quello dell'evoluzione. Lo sviluppo riguarda quegli aspetti che si conservano, che continuano nella trasformazione e che si tramandano. L'evoluzione, come si vede nel Darwin dell'Espressione delle emozioni negli animali e nell'uomo, riguarda invece essenzialmente ciò che si perde, si stacca, si estingue. In questo senso Freud indica l'angoscia come un « sedimento di antichissime esperienze traumatiche», ma ci dovremo tornare, e Hermann indaga le conseguenze di un istinto inutile, senza oggetto e senza senso che è l'istinto di aggrappamento. E se il nevrotico fosse l'erede dell'artista così come si formò negli anni 1470- 1540, bizzarro, lunatico, sempre preoccupato di far corrispondere la sua vita al cliché della « vita di artista»? Ma l'interessante è questo, che la figura dell'artista è implicata con la manualità, anzi con il riscatto della manualità, di quella attività manuale che, fin dall'antichità, era considerata retaggio degli schiavi. Improvvisamente alla fine del '400 si passa a un'esaltazione della manualità che porta con sé la questione di una tecnica: come posso diventare un artista di genio? La nascita della nevrosi è compagna del riscatto della manualità. 33

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