Il piccolo Hans - anno XI - n. 43/44 - lug./dic. 1984

fobia come un discorso strutturante alla stregua dell'isteria o della nevrosi ossessiva? In un caso e nell'altro, in un modo simile a quello di cui si parlava ieri a proposito della definizione di borderline, fobico funziona come una scorciatoia. La diagnosi di «fobica» offre un doppio tornaconto. Offre al medico un sintomo che è l'unico che può coincidere con una diagnosi. Inoltre, lo «scienziato» che un tempo, forte del suo prestigio ottocentesco, poteva allontanare sdegnosamente colei di cui dire: è un'isterica, oggi che lui stesso ne occupa, diciamo così, la «posizione» a cui l'ha condotto la ricerca di una identità e il gusto dell'intrigo e del pettegolezzo in qualche modo legato alla riforma sanitaria, oggi che occupa lui la posizione dell'isterica, di fronte a quella che è divenuta la sua domanda, la risposta dell'altro non può che essere insufficiente e quindi fobica. D'altra parte per lo psicoanalista, fobico è in generale l'agorafobico a proposito del quale ci si compiace che giunga comunque regolarmente in analisi. Questo riuscire a raggiungere il luogo dove egli si trova compensa l'analista di quella mancanza di valenza amorosa che è caratteristica del transfert del fobico. «Mostra di non amarmi, ma non è vero se arriva fin qui». In questo modo in realtà è lo psicoanalista che si muove non il fobico. Lo psicoanalista gli va incontro. Ed è questo che in prima istanza il fobico si attende dall'analisi. Molti anni fa ebbi in cura un giovane che mi aveva avvicinato a una conferenza per regalarmi un disegno: venne successivamente a chiedermi un'analisi, una analisi che stava al posto di quel disegno che poi alla fine non mi aveva consegnato. Questa analisi non faceva altro che ridisegnare interminabilmente la pianta di una casa dove egli aveva vissuto bambino. Il rapporto ana26

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