Il piccolo Hans - anno XI - n. 43/44 - lug./dic. 1984

versitari, sebbene un poco ambigua e a volte francamente inquinata, conferma, inoltre, quanto egli scriveva nel 1933 (<( L'influsso di Freud nella medicina»): « non ci vuole un dono profetico per prevedere che l'esclusione _ del periodo precedente verrà compensata da numerose lezioni, e che i successori "dei professori attuali renderanno giustizia alla reale importanza di Freud». Insieme con le sue speranze, però, trovano conferma anche certi suoi timori, come ad esempio accade con le delusioni, non certo imprevedibili, di una riforma psichiatrica solo superficialmente attenta alla lezione « freudiana» e purtroppo viziata da qualche sociologica maniacalità: « non ci vuole molto a prevedere», scriveva (in « L'influsso di Freud nella medicina»), « che i manicomi si trasformerebbero in luoghi di cura psicoterapica quando vi fossero dei medici di formazione analitica che si occupassero giornalmente di ogni caso, se possibile per la durata di un'ora... quella liberazione dei malati di mente da inutili catene che Pinel, il vecchio maestro francese della psichiatria, compì per bontà di cuore sul versante esterno, è stata continuata da Freud sul versante interno; grazie alle scoperte di Freud i sintomi della follia hanno cessato di essere quella raccolta di fatti abnormi con cui liquidare i malati di mente riducendoli a figure ridicole e senza senso: i matti». « È stato questo», aveva già detto (« L'influsso di Freud, ecc.»), « il passo decisivo compiuto dalla psichiatria per la liberazione dei malati di mente dal loro tragico isolamento... a cosa serviva liberare questi malati dalle loro catene e tirarli fuori dalle loro celle... se poi la segregazione continuava nella forma dell'incomprensione?». Solo dopo che si cominci « a comprenderne il linguaggio» essi possono essere « realmente accolti nel consorzio umano». Da ultimo aggiungerò che quando nel 1969 Robinson parlò di una sinistra freudiana, includendovi Reich, Mar129

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