Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933

1 7 o 6 F , Crìspotti I l seme d'ogni intima contentezza, che i mirabili esempi m a – terni spargevano intorno, aveano trovato in lei un terreno mal pre– parato dall'indole e dalle aspirazioni. L e notizie che pur di tanto in tanto le giungevano del gran mondo, delle alte relazioni serbate dal padre, del brio che animava a Parigi le sale della z i a d u – chessa Matilde « cagionavano nel suo cervello, — per dirla con una similitudine celebre, — quel movimento, quel b r u l i c h ì o che produr– rebbe un gran paniere di fiori appena colti, messo davanti a un a l – veare ». D a c i ò un'inquietudine che non le restava solamente dentro. N o n si creda tuttavia che allora o poi le scemasse la venera– zione per quell'educatrice, non abbastanza ascoltata, né forse abba– stanza appropriata al caso, che le era sua madre. F u anzi una ve– nerazione tenera, di cui non fece mai mistero, e n'era evidente la sincerità. N e l 1899 una volta che avevo l'onore di sederle accanto in una festa di beneficenza, la commediola che i filodrammatici reci– tavano rappresentava un veterano caduto in dura e dignitosa po– vertà. V i e n consigliato a far conoscere per lettera il proprio stato alla Principessa Clotilde, ed ecco arrivare in scena uno staffiere di lei che gli porta l'annunzio di una pensione ed un biglietto da mille l i r e : lire dell'anteguerra. L e t i z i a mi si volge e dice sottovoce: « P o – vera M a m m à mia! I l cuore è grandissimo, ma i biglietti da mille non li trova con questa facilità ». Frattanto una nota comica. Pochi mo– menti prima della rappresentazione alcune delle bambine beneficate le avevano offerto un gran mazzo di fiori. Accoltolo, ella me lo ave– va consegnato, ed io l'avevo messo tra le ginocchia nel cappello a cilindro. Quanto rise, di quel suo riso squillante, accorgendosi a l – l'uscire che i l mazzo, tenuto già nell'acqua per serbarlo fresco, aveva ridotto i l mio cappello ad un pluviometro! Quando la madre fu morta mi suggerì ella stessa d'andare a vedere la statua ancora in creta che lo scultore Canonica aveva modellato, e avendomi detto che a parer suo essa superava i n bel– lezza altri ritratti di sovrani e principi dovuti allo stesso artista, gradì molto che io, per la verità, le dicessi esser c i ò naturale, perché la figura morale della compianta sua madre doveva dare ispirazioni d'arte ben superiori a quelle di molti altri soggetti da ritrarre. Quando poi quella statua fu collocata nel duomo di M o n c a - lieri la Principessa mi disse una volta : « V a d o spesso a pregarle accanto. È la mia consolazione: mi pare d'avere ancora mia madre presso di me e sopra di me ».

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