Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933

E . POUND, An Anthology 767 nel mettere insieme le prove di questi poeti inglesi ed americani dal pri– mo novecento ad oggi si stacca nettamente da quello che ha sempre guidato finora la compilazione delle Antologie in genere, e cioè che di un'epoca si dovessero scegliere i « pezzi migliori » e presentarli in un ordinato panorama cronologico. I l Pound, invece, ha voluto metter in– sieme una raccolta di poemi che meglio servissero a definire lo spirito poe– tico dei vari tempi in cui furono scritti, e cioè dal novecento in poi» l'epoca ch'egli ha potuto meglio dominare con la sua attività giovanile, « U n mutamento dello stile poetico », egli scrive, « non implica necessa– riamente progresso.... e se anche il nuovo stile non ha prodotto niente di meglio del vecchio, ha saputo però mantener viva la vita, e prodotto qualcosa di meglio di quello che avrebbe ottenuto col prolungare sem– plicemente la decadenza di una maniera già vecchia ». In conclusione egli intende mostrarci, in progresso di tempi, una serie di Poesie che a lui parvero le più significative, ma soltanto pel r i – spetto al mutarsi delle mode e delle sensibilità. Come uno che ci di– cesse: Guardate, nel 1 9 0 5 si faceva poesia in questo modo, e nel ' 1 5 in quest'altro, questi sono gli accenti tipici, i colori, le inspirazioni che a un di presso dominavano nel tale anno, quest'altre quelle che domi– navano nel tal altro.... U n modo originale, se si vuole, se non troppo plausibile, di concepire il cammino della poesia. E questi da lui presen– tati sarebbero, com'egli ci dice, le cento migliori Poesie inglesi che hanno avuto la potenza di restar aderenti alla sua memoria per trent'anni. Con tal metodo arbitrario è assai difficile, ognun lo vede, affermare se la scelta sia fatta bene o no. Eppure, anche così personale ed i n – giusta, essendo essa il prodotto di una mente ricca d'ingegno e di sensi– bilità curiosa, ci sembra attendibile. Si incomincia con un poemetto estetizzante di Arthur Symons, per finire coi canti operai delle « New Masses » di New Y o r k e con alcuni Canti negri di protesta. T r a questi due punti, si muove ed ascende tutta una turba di poeti, senza dub– bio interessanti, ma dei quali sarebbe vano voi andaste a cercare i nomi sulle altre Antologie della medesima epoca. E alcuni di essi ci piacciono,, altri non comprendiamo interamente, e parecchi ci lasciano qualche dubbio. Da una bellissima fantasia guerresca di James Joyce (il Joyce ancora di Chamber Music) o dalle quiete e precise notazioni di Ford Madox Ford, si sale alle nervose e rocciose imagini di William Carlos Williams, di Ma- rianne Moore, di E . E . Cummings o alle incantevoli fumisterie poetiche- di T . S. Eliot, agli affreschi satirici e buffoneschi irrorati di delizioso ana– cronismo di The Hippopotamus. L a prima Antologia degli « Imagistes » è apparsa nel T 4 e sono note le sorti di quella scuola che durò pochi anni ma che portò la poesia inglese a movimenti più sbrigliati e sfavillanti, più consoni al crescere tumultuoso della vita contemporanea. Però di quanto mal fu madre una simile libertà! Se si eccettuano, con alcuni poemi di Pound, versi di R i – chard Aldington (meglio affermatosi poi con la prosa narrativa) e la bella Spoon River Anthology di Lee Masters, ci sembra ch'essa non abbia lasciato dietro di sé se non un tormentoso e vano imaginare, una ne– bulosa e aggrovigliata condensazione di concetti e d'imagini, come, ad esempio, nelle poesie di Marianna Moore o di Mina Loy, flore di inspi– razioni tormentate quanto incomprensibili.

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