Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933

N , R O S S E L L I , Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano 7 5 3 sfondo sociale avrebbe condotto senza dubbio all'irrigidimento dei partiti conservatori, e il problema nazionale sarebbe stato ricacciato all'infinito, co– me è sufficientemente provato dallo sgomento, di cui dettero segni mani– festi proprio in quegli anni gli uomini d'ordine all'apparire delle prime associazioni operaie e ai primi tentativi di propaganda socialista. D'altra parte è anche da considerare quanto scarsa penetrazione avrebbero potuto avere certe ideologie in mezzo a masse impreparate a riceverle per deficienza intellettuale e per arretrate condizioni di vita. Ciò non ostante resta al Pisacane il merito di una lungiveggente pre– visione, perché « l'ipotesi che il nostro Risorgimento non si sarebbe verifi– cato, se non con l'alleanza di tutte le forze interessate a mutar stato (ossia sotto una bandiera che promettesse benefici essenziali a ciascuna di esse) rivelò la sua acutezza più tardi e per l'appunto proprio quando il raggiun– gimento dell'unità italiana, frutto degli sforzi e concretizzazione degli ideali di una modesta minoranza, parve segnarne il constatato fallimen– to » ; tuttavia a lui difettò pur sempre quel senso della tempestività, che è o dovrebbe essere la prerogativa di un « positivo ». Ma vedremo quale si– gnificato dà il Rosselli a questa parola. Si comprende come Mazzini a un certo momento sentisse il bisogno di staccarsi dal Pisacane e da tutti coloro che, « agitando miti estremisti e propinando assurde illusioni alle masse, le inducevano a perdere i concreti benefici dell'oggi per le nebulose fantasie del domani », come scrive il Rosselli. Allora il Pisacane passò nelle file dei federalisti repubblicani, i quali però avevano in comune con lui il solo principio negativo dell'anti- mazzinianismo. Materialisti si, tutti; e in questo s'intendevano perfetta– mente col Pisacane; ma ciascuno andava poi per la sua strada ed uno di essi, il Cattaneo (equilibrato e positivo più degli altri) nutriva un com– pleto disinteresse per il problema sociale. I l ravvedimento e il ritorno a Mazzini dovevano avvenire quando, tra il 1 8 5 4 e il 1 8 5 5 , si intravide il pericolo che la questione italiana si risol– vesse senza il concorso delle forze rivoluzionarie, anzi in contrasto con quel movimento di popolo, che era a cuore a lui Pisacane non meno che a Mazzini. E da allora cominciò a concretarsi il disegno di sommuovere il Mezzogiorno, e di lì scatenare la rivoluzione in tutta Italia : vecchio pro– getto di Pisacane, come abbiamo visto, e che il Mazzini accettò. Così nacque la spedizione di Sapri. L a quale, nelle pagine del Ros– selli, perde tutto il fascino della leggenda cara alla fantasia dei poeti e ac– quista l'amaro sapore di una tragica avventura iniziata con inconcepibile leggerezza da un manipolo di uomini mossi dalla cieca fede nello spirito rivoluzionario delle popolazioni meridionali e sostenuti da un'eroica virtù di sacrificio. Preparazione nel Regno affidata ad agenti incapaci; insuffi– cienza di uomini e di armi; sbarco a Ponza e liberazione dei galeotti la maggior parte condannati per reati comuni, vale a dire zavorra umana senza ideali e preoccupata soltanto di conservare la libertà impensatamente riconquistata; marcia all'interno tra il silenzio pauroso o l'ostilità delle popolazioni; delusione sulla non resistenza delle truppe borboniche; at– tacchi cruenti; defezioni; fughe. A l Pisacane non restò che l'estremo r i – medio della morte volontaria. Scrive il Rosselli che la spedizione di Sapri, concepita come sfida a un regime politico, acquistava, per il concorso di quegli evasi dal carcere,

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