Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933

7 5 0 V . USSANI, Storia della letteratura latina ecc. spìriti meno naturalmente disposti a intendere l'arte di Plauto e di Ennio. Pure, alla genialità plautina l'autore non rende forse giustizia intera : il capitolo su Plauto, ricco di osservazioni acute e assennate, è troppo mo– derato nelriconoscerel'originalità di questo grandissimo artista, la potenza creativa di questo raffazzonatore di commedie greche. L'Ussani, buon conoscitore di letterature moderne, uomo moderno egli stesso, sente forte il legame tra gli antichi e noi, e di ogni scrittore latino ricerca sobriamente gl'influssi sulle letterature moderne. E non sono studiate soltanto le imitazioni letterarie: sono seguiti gl'influssi di pen– siero. Per non aver trascurato questa parte, l'autore non sarà mai lodato abbastanza. Infine, non è piccolo merito aver messo nel giusto rilievo personalità indubbiamente secondarie, ma in certo modo singolari, come Pompeo Trogo e Vitruvio. L a preparazione dottrinale dell'autore è naturalmente ottima : lo mostrano la semplicità e il solido buon senso che gli fanno prender par– tito, senza sfoggio d'erudizione, in questioni difficili. Quanto egli espone, per esempio, sulla patria di Plauto o sull'accento musicale latino, non potrebbe esser detto meglio : né più compiutamente né più chiaramente. L'equilibrio del critico, veramente squisito, gli fa apprezzare artisti dif- ferentissimi : così egli è, per esempio, caldissimo ammiratore di Sallustio, ma nello stesso tempo fine intenditore dell'arte di Cicerone. E , se am– mira giustamente Livio, non perciò si dissimula le sue gravi deficienze di storico : cattivo uso delle fonti, ignoranza di cose militari, incompren– sione delle istituzioni romane. I l libro ha un tono discorsivo, che attira a poco a poco il lettore; lo stile è sostenuto, qua e là eloquente. L'Ussani è sempre personale : ba– sta vedere com'egli difende Sallustio dall'accusa di non essere stato im– parziale : « L a perfetta oggettività mai non si raggiunge se non dagli sciocchi ». E d è ben detto; ma è pur vero che Sallustio, scrittore grandis– simo, avrebbe potuto essere storico più spassionato e più diligente. P i ù giusto è l'accenno quasi sdegnoso ( lo sdegno trasparisce dalla solennità della prosa un po' aulica nella quale sembra impietrarsi) : « Orazio, della cui conversione si è favoleggiato più volte invano.... ». Naturalmente non sempre si può esser d'accordo col critico. Per esempio, io non so quanti riterranno veramente da lui dimostrata la coerenza del pensiero cicero– niano, ch'egli afferma decisamente ed eloquentemente. I filosofi, •— non dico i letterati, — saranno assai poco soddisfatti ch'egli si rimetta al giu– dizio del filosofo Giacomo Barzellotti e ad un suo paragone di Cicerone con Socrate. Essi penseranno forse che proprio una patente d'originalità filosofica rilasciata dal Barzellotti doveva indurre in sospetto, E neppure saranno del parere dell'Ussani quando continua : « Io penso che la classi– ficazione delle scuole in filosofia vada intesa con quella stessa larghezza con la quale s'intende quella dei generi in letteratura » . . ' E così, per intendere la rivelazione della divina natura agli estatici occhi di Lucrezio, si può non trovar necessario il paragone con la cieca della Città morta quando gridava, per bocca di Eleonora Duse : — Io vedo. — Sui difetti delle Bucoliche i l critico mette troppo fortemente l'accento, sicché quella dolcissima poesia virgiliana esce diminuita e sva– lutata da tante censure, quasi sempre troppo severe. E non so se molti da-

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