Pègaso - anno V - n. 3 - marzo 1933

« La frusta letteraria » 3 0 7 allargarsi la fantasia colle poesie », da parecchi anni era uso compiacersi « molto p i ù di due pagine sole di buona metafisi– ca, che non della p i ù veridica storia, o del meglio verseggiato poema che sia » : in quella nuova « insaziabile ingordigia di vero sapere » i n v i t a v a a leggere p i ù i filosofi del Seicento che i poeti del Cinquecento, p i ù la metafisica dei moderni che la poe– sia degli antichi : e così gli sfuggiva i l senso vero di quel che sia storia e di quel che sia poesia. C o n simili principii, sui quali non è dato fondare una Poetica, i l discorso critico del Baretti è sempre abbastanza er– ratico: felice, se mai, nei divagamenti che seguono o precedo– no la citazione di un lungo passo recato ad esempio, o, maga– ri, anche in certa grazia di accumulare genericamente le ragioni del giudizio negativo. D i r à , poniamo : « Q u i n o n v ' è i n v e n z i o n e nel soggetto, q u i n o n v ' è estro ne' pen– sieri, q u i n o n v ' è a r m o n i a nella versificazione, q u i n o n v ' è p u r i t à nella l i n g u a , q u i n o n v ' è grazia n e l l o stile, q u i i n somma n o n v ' è neppure una d i quelle cose che d i s t i n g u o n o la c a t t i v a poesia d a l l a c a t t i v a prosa, se n o n che t u t t a questa assai v o l u m i n o s a n o v e l l a è stata divisa d a l l ' a b a t e che l ' h a scritta i n tante r i g h e d i u n d i c i sillabe ciascuna » . Son parole nodose ed energiche; ma vaghe, perché non risultano da u n principio saldo o da una dimostrazione, non hanno rigore « metafisico », e potrebbero essere applicate a q u a – lunque altro componimento poetico, che non sia l'Uccellatura, poema dell'abate G i r o l a m o G u a r i n o n i . I n fondo in fondo non sarebbe arrischiato dire che quan– do i l Baretti criticamente coglie in pieno, è come se avesse gio– cato al lotto. I versi che pubblica nella Frusta, suoi o di altri, son del medesimo genere di quelli che critica, e punto migliori. F i u t a la grandezza dell'Ariosto; ma a scapito degli altri poeti, del che non c'era bisogno: l ' O r l a n d o « al dire del suo qualche volta enfatico D o n Petronio, non dovrebbe esser letto che da quelli, i quali hanno fatto qualche cosa di grande a p r ò ' della patria, per premio e ricompensa loro » ; ma poi in che con– siste la grandezza dell'Ariosto? : « p i ù d'ogni altro seppe la grand'arte di dilettare i dotti e gl'ignoranti insieme » : che n o n è ragione peregrina. G i u d i c a « sublime, sublimissimo » e « creatore » e di « gigantesca robustezza » e « poeta de' p i ù grandi che s'abbia i l mondo » i l « tanto dolce, tanto soavissimo e tanto galantis-

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