Pègaso - anno V - n. 3 - marzo 1933

« L A F R U S T A L E T T E R A R I A ». N o n sarebbe difficile a un moderno A r i s t a r c o sbrigarsi s o l – lecitamente di A r i s t a r c o Scannabue, con molta parvenza di ve– rità. C'era s i nel Baretti, un senso di giovinezza contro l ' a n – gusta tradizione delle lettere nostre, arcade, antiquaria, unta e pretesca, noiosa e ipocrita, ripetitrice mai stanca di logori e ug– giosi temi. E g l i amava la v i t a v i v a , quella, per così dire, dello spazio nuovo da correre, p i ù che dell'antico tempo da r u m i n a – re : a l u i non si era mai « potuta appiccare la smania di fare i l balordo e facchinesco mestiere dell'antiquario » e poiché ave– v a viaggiato i l mondo, gli era sì avvenuto di dare « qualche leggiera occhiata di quando in quando a questo ed a quell'altro rimasuglio d ' a n t i c h i t à ; ma la sua principal faccenda fu sempre di esaminare gli u o m i n i v i v i ». Così, nella boriosa arcadia i t a – liana, egli portava un po' di quella freschezza che veniva da genti straniere, alle quali era men greve la mora di u n passato dommatico; portava u n po' di quel nuovo umanesimo euro– peo che l ' I t a l i a , prima genitrice, pareva non sapesse p i ù cono– scere e accompagnare. M a spiriti veramente originali, i n v e n t i v i , profondi i l B a – retti non ebbe neppure a paragone di alcuni i t a l i a n i suoi con– temporanei ( i l G o l d o n i , ad esempio) che talvolta assalì: men– tre pareva già respirar l'aria del veniente romanticismo, r i m a – neva vittima di vieti principii di poetica, e d a l l ' i l l u m i n i s m o , poi, traeva per sé i l peggio, vale a dire i l sacrificio alla fisica e alla metafisica di storia e poesia, a torto travolte con la cattiva cronaca e i cattivi v e r s i : tutto ciò nella patria di quel deserto V i c o che impegnava la grande polemica per la perpetua legitti– m i t à di storia e poesia. Asseriva i l Baretti che, scemata o r m a i la « giovanile ingordigia d'arricchirsi la memoria colle storie ed