Pègaso - anno V - n. 3 - marzo 1933

G U I C H A R D I N , Pensées et portcaits 3 7 3 i l signor di B r a n t ó m e che citava il Guicciardini a proposito di Cesare B o r – gia, mettendolo già a confronto e ritenendolo p i ù veritiero del Machiavelli. U n secolo dopo, Madame de Sévigné, trovava « lungo » i l Guicciardini, ma lo leggeva i n italiano, fino i n fondo. N o n l'avrebbe neppur trovato lungo, — avverte i! B a i n v i l l e , — se avesse conosciuto gli Avis et conseils en matière d'État usciti i n francese fin dal 1 5 7 7 - ( È la prima, ridotta e manipolata edizione dei Ricordi, edita a Parigi, a cura del C o r b i n e l l i ) . M a Madame de Sévigné, « elle s'entretenait dans son italien ». Dunque i Francesi, i n italiano e i n francese, cominciarono presto a conoscere e a leggere i l Guicciardini. P o i , un po' alla volta il Guicciardini restò indietro, passò alla cultura degli specialisti; alla fine lo citeranno soltanto i trattatisti della scienza di stato, gli storici e i politici. ( I l libro di Eugène Benoist resta classico; ma c'è anche una bella pagina del T h i e r s , che sembra rispondere al Montaigne : « v i senti la tristezza dell'uomo onesto » ecc. E d è i n lingua francese i l maggiore studio moderno sul G u i c – ciardini, quello dell'Otetea). Dice dunque i l Bainville : « i Francesi del passato riderebbero della nostra ignoranza se avessimo l a pretesa di rivelare ora i l Guicciardini ». Scopo suo e della sua collaboratrice Juliette Bertrand è stato soltanto quello di riproporre ai francesi d'oggi uno scrittore italiano già noto e poi ca– duto i n disuso. E anche i l saggio introduttivo del B a i n v i l l e va visto con quest'occhio : l'autore non aveva tanto l'obbligo di dire cose nuove sul Guicciardini (e del resto è sempre meglio diffidare di chi vuol dire a ogni costo cose nuove sugli autori vecchi), quanto di stimolare l'attenzione dei lettori intorno a questa figura, di prospettarne gli aspetti v a r i i , e i n – fine di accennare i possibili addentellati, per concordanza o per contrasto, tra il Guicciardini e noi. L e prefazioni han da somigliar piuttosto agli stimolanti o « ape– r i t i v i » che ai pranzi imbanditi. Per questa qualità la prefazione del B a i n – ville, è eccellente; anche dove lascia qualche dubbio... Per esempio nel parallelo (che è poi un parallelo d'obbligo) tra i l Machiavelli e i l G u i c – ciardini, i l Bainville batte la buona strada quando rileva la maggior di– gnità e gravità e i l grande decoro del Guicciardini, i n confronto del M a – chiavelli, che ha tanto p i ù brio di lui, è p i ù inventivo p i ù rapido p i ù ar– tista. M a quali ragioni ci offre poi i l Bainville di questa differenza? Q u i m i pare che i l senso sociale, così vigile sempre nei francesi, svii i l B a i n – ville dalla comprensione p i ù vera degli uomini. « I l Guicciardini conserva l'aspetto di un uomo grave, perché egli viene da un rango sociale supe– riore e sorveglia i l suo dire. I l guicciardinismo è un machiavellismo em- preint de dècerne. Machiavelli, rimasto sempre in f u n z i o n i subalterne, potè esprimersi p i ù liberamente. Sa grandeur ne l'attachait pas, comme l'autre, au rtvage. Guicciardini non avrebbe mai scritto una commedia così libera come la Mandragola, e neppure la vita di Castruccio Castra- cane, biografia romanzata. Guicciardini non coltivò che i generi serii ». Senza dubbio; ma non tanto per le ragioni sociali e di convenienza che il Bainville dice (e il Magnifico non aveva scritto poco fa i Beoni, e Gia- coppo e i Carnascialeschi?) ma perché solo i « generi serii » erano della na– tura seria, della gravità nativa del Guicciardini. I I quale non aveva nep– pur bisogno di sorvegliarsi, scrivendo, e non era affatto meno libero del M a c h i a v e l l i : anzi era molto p i ù libero di l u i , avendo egli stabilito, a sai-

RkJQdWJsaXNoZXIy