Pègaso - anno V - n. 3 - marzo 1933

3 7 2 B E N I T O M U S S O L I N I , Vita di Arnaldo trambusto e nel frastuono della vita pubblica quel tanto d i silenzio da udir chiara la voce della propria ragione, del proprio istinto, del proprio destino. E g l i dice di A r n a l d o : « È nel 1 9 2 8 che i l destino gli si volge contro. » E la parola, quanto p i ù è inaspettata i n u n forte che crede l'uomo unico fabbro della propria sorte, tanto meglio rivela quello che Benito M u s s o l i n i h a sentito e patito scrivendo queste pagine. Solitudine inguaribile, di cui solo A r n a l d o h a potuto a tratti guarirlo. E d egli l o sa; e per questo i l ricordare nitidamente la lontana v i t a d e l l ' i n f a n z i a , l a vita comune, l a v i t a fiduciosa accanto ai suoi vecchi, ai suoi compagni e, a l l o r a , ai suoi uguali, si gonfia d'una virile malinconia, e i l narrare si fa poesia, e la prosa rapida e schietta diventa degna d'antologia, « M e n t r e traccio queste linee, rivedo i l fiume, i l torrente, la strada, i casolari, i l cam– panile di S a n Cassiano, i miei coetanei, i l collarone che dalla provinciale saliva a V a r a n o , le spigolatrici d'estate e le interminabili partite a b r i – scola d'inverno nella stalla di Cireneo... D o p o l a girandola la p i a z z a r i – cadeva nel buio e noi, a piedi, ritornavamo a C a s a G a i a n ì , commentando. P r i m a di addormentarci, L u i g i , nostro coetaneo, ci faceva i l gioco de– gl'indovinelli. I l giorno dopo tornavamo a D o v i a , rifacendo la strada dell'andata e, un po' stanchi e storditi, raccontavamo i particolari della festa ai nostri amici, che erano D o n a t o A m a d o r i della P u n t i r o l a , R o – mualdo V a l z a n ì a , i l C a m p a n i n o . . . A r n a l d o ed io d o r m i v a m o nella stessa stanza, nello stesso gran letto i n ferro, costruito da mio padre, senza m a – terasso, col saccone di foglie di granturco. L a nostra stanza serviva anche da cucina... D i fronte al letto c'era la finestra. D i l ì noi vedevamo i l R a b – b i , le colline e la luna che spuntava dietro F i o r d i n a n o . . . ». Nostalgia? V o l t a t e pagina. Vedete A r n a l d o M u s s o l i n i i l p r i m o no– vembre del 1 9 2 2 alla direzione del Popolo d'Italia « a l quale io avevo impresso un carattere polemico, aggressivo, di continua battaglia. C o n – fesso che questo è uno dei dati fondamentali del mio temperamento... ». L a voce già sommessa si fa squillante, l'uomo ch'era seduto, a capo chino, nella penombra, riappare i n piedi, a braccio teso, i grandi occhi fissi su chi l'ascolta. E a rivederlo così alacre e sicuro, p i ù quelle brevi confidenze si fanno commoventi nella loro scolpita e semplice u m a n i t à . G U I C H A R D I N , Pensées et portraits, précédés d'une étude de Jacques B a i n – v i l l e ; recueillis et traduits par Juliette B e r t r a n d . — D e n o é l et Steele, P a r i s , 1 9 3 3 . F r . 2 0 . : '¬ v . ^~ * > . "T — r • -t * J • 4-* • - + I*f t i,| 1 I ÌI 1 J L ti F ^ f i F J ' h _ L 1 r ¥ ^ _ 1 j ™ "fc J pi J « G u i c h a r d i n », alla francese; e Jacques B a i n v i l l e h a cura d i dircene subito i l perché. Perché i l Guicciardini, che oggi v i è quasi sconosciuto, f u già celebre i n F r a n c i a i n u n tempo i n cui la lingua francese voltava a l suo modo i n o m i stranieri. E come si diceva Machiavel così allora si d i – ceva G u i c h a r d i n . I l B a i n v i l l e tralascia, o dà per citato, i l Montaigne che fu i l p r i m o a dubitare della morale guicciardiniana (peut estre advenu quii ait estimé d'autruy selon soy), ma ricorda i l grande capitano M o n l u c , i l difensore di Siena, contemporaneo benché p i ù giovane del G u i c c i a r d i n i , che si fa– ceva leggere i l Guicciardini « buon autore » ; e u n a l t r o contemporaneo,

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