Pègaso - anno V - n. 3 - marzo 1933

Ricordo di Francesco Lanza 367 d'avellani e di mille altri tronchi silvani. Nei recessi, i l denso fogliame non lasciava penetrare raggio di sole, e l'ombra sovrana si sposava a l – l'incantato silenzio, dove gli echi attoniti ripetevano soltanto i l tinnulo verso della cincia e del merlo. Sulle molli rive fiorivano i citisi, gli asfo- d i l l i e le viole, e le nepitelle e gli organi, tra la varia famiglia delle erbe, effondevano rugiadosi profumi... ». A codesta specie di sapiente scrittura nel cui folto (che vorrebbe essere un folto di cose ed è un folto di parole, di suoni) nulla si riesce a vedere, Francesco L a n z a s'era agilmente adde– strato ma con l'orecchio pieno di risonanze classiche. D i f a t t i , p i ù che i n margine a Cecchi o B a r i l l i , i n margine ad au– tentici testi antichi, da O v i d i o fino ad A r i o s t o , egli scriveva le prose sopra ricordate e la favola drammatica Fiordispina. A proposito della quale, pubblicata nel '28 dalla casa Alpes, non so come s'è potuto citare d ' A n n u n z i o , mentre, i n fiorito linguaggio ariostesco, né p i ù né meno, v i si tratta, con gusto da vecchia burla, d'una sostituzione di persona che all'ultimo si risolve pirandellianamente i n modo piuttosto ingenuo, seb– bene paia ironico, colle Bradamanti e i Ricciardetti che d'un tratto si mettono a discutere nello stile dei Sei personaggi... « N o n possono con– temporaneamente esistere due Bradamanti uguali e diverse. I l nome che tu fingi distrugge i l m i o ; i l tuo essere i l mio essere; la tua favola la mia realtà! I o che sono unica nel mondo, ecco sono invece d o p p i a : d'un unico esemplare, ecco ci sono due copie, e l'una all'altra nemica e con– traria... ». Insomma, educazione umanistica e sensibilità libresca, a n z i che ad esprimere meglio qualcosa di nativo, portavano Francesco L a n z a a rico– noscere i n antichi miti caratteri e aspetti suoi contemporanei; e avrebbero potuto portarlo a recuperare qualunque mito letterario i n nuova forma d'arte, secondo un sentimento tutto suo. Sono da ricordare come prove nient'affatto oziose su codesta strada, anche essa legittima e liberissima, certe storie cavalleresche che, negli ultimi anni, egli aveva scritto e pub– blicato qua e là sui giornali, storie che, dimenticandosi dell'Ariosto, riprendeva dalla bocca del popolo siciliano che ancora oggi se le rac– conta. Notevoli anche gli scritti di viaggio, su E n n a , Siracusa, Selinunte, qualche appunto sulla Russia o la Romania. M a i l poeta che io avevo sentitp esclamare, per i l desiderio d'un po' di vento, « ecco, basterebbe che quelle foglie si muovessero », in quale scritto è venuto fuori? N e i Mimi tuttavia.... Nei Mimi siciliani, usciti i n volume nel 28, presso l'Alpes di M i l a n o , e pubblicati uno a uno, per anni di seguito, sulla Fiera Letteraria, chi ha conosciuto Francesco L a n z a Io ritrova, se non fino alle sfumature, almeno fino a quell'intima armonia di rustico e di nobile, che fisicamente rivelavano i n lui le sue mani grosse e i l suo sorriso sottile. Sono facezie, macchiette, questi suoi Mimi, fatterelli che tutta la Sicilia si ripete da secoli, ma bisogna vedere come, trascrivendoli, ha sa– puto coglierli i n poche parole, con un movimento preciso che evoca ampii

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