Pègaso - anno V - n. 3 - marzo 1933

R I C O R D O D I F R A N C E S C O L A N Z A . C o n o b b i Francesco L a n z a , nel ' 2 8 , alla stazione d'una grossa città di Sicilia per la quale, venendo da E n n a e andando a R o m a , egli si trovò di passaggio. N o n fu a caso. C i si era scritto; l u i per invitarmi a colla– borare a quel suo Lunario Siciliano che faceva venir fuori, quasi tutti i mesi, da una tipografia di E n n a coi tipi e la carta del bolognese, allora foglio volante, Italiano; io per ringraziarlo e dargli recapito di un altro ragazzo di Siracusa, Alfredo Mezio, che allora come me stava per com– pire vent'anni, e divenne i n seguito uno dei suoi amici migliori e suo collega di redazione al Tevere. A quella stazione che ho detto, i n un'ora di treno io e M e z i o , dalla nostra città, ci recammo apposta per conoscere L a n z a . E r a i l tempo che per stare un po' insieme con qualcuno della « nostra razza » volentieri saremmo scappati di casa. E lui ci aveva scritto : « M i fer– merò alcune ore. Così potremo vedere che tipi siamo e metterci d'accordo i n modo concreto per il Lunario » . M a non scrisse come si sarebbe fatto per incontrarci, e quando i l suo treno arrivò, difficilmente nella gran calca avremmo potuto riconoscerci se non ci si fosse messi dietro, l u i e noi con la stessa curiosità, a una donna tutta scarmigliata e urlante i n camiciola da pazza che quattro guardie si portavano v i a . « M a è proprio una p a z z a ? » , dicevamo col mio amico. M i pareva qualcosa di p i ù . . . . « E cosa crede lei che potrebbe essere?», fece allora uno dietro a noi. Così ci voltammo e vedemmo l u i , cioè un sorridente signore troppo diverso dagli altri, con quel suo malizioso ma lento sor– riso, per non essere l u i . A l t o , a testa scoperta, vestiva panni leggeri color di sabbia, portava con una mano una valigia di fibra e con l'altra, men– tre si appoggiava a un bastone, uno di quei panierini di v i m i n i nei quali le mamme di paese ripongono una buona colazione pei loro ragazzi quando essi si mettono i n viaggio. « L e i è L a n z a ? » . « A l l o r a siete v o i V i t t o r i n i e M e z i o ? ». Lasciati la valigia e i l panierino i n deposito, di molto si p a r l ò , strada facendo verso un caffè del centro, tranne che di letteratura e del Lunario. E g l i , come si suol dire, ci aprì i l suo cuore, cioè a varie riprese

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