Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932

LIBRI. AUGUSTEBAILLY, Jules Oésar. - « Les grandes études historiques », Fayard, Paris, 1932. Fr. 12. Augusto Bailly ,scrittore di storie e alle prese con uno degli argomenti più grandiosi della storia romana, credo sia una sorpresa per gli stessi francesi. Nella sua opera di letterato, che dura da un trentennio, c'erano fino a ieri solo tre volumi di critica: il resto, una ventina di volumi, erano novelle e romanzi. Ma il romanziere, nel senso meno buono della parola, è inutile cer– carlo in questo Oésar: non c'è. Il métier si traduce in sobrietà e rapi– dità di esposizione, in felice architettura del libro, non sopraffà la sostanza. Pezzi di bravura non ce ne sono. Quando il Bailly ha bisogno di una pennellata più viva, si fa in disparte e cita Plutarco; il quale, conviene ogni tanto ricordarlo, è il primo grande autore di biografie non romanzesche in sé, ma scritte con i colori pittoreschi, gli scorci dram– matici, gli accostamenti rapidi che contengono in germe l'effetto sce– nico, e sopratutto con la cura della coerenza psicologica con cui si scrivono le opere di fantasia. Anzi direi che al Bailly il ricordo della sua arte di romanziere abbia imposto cautele maggiori. Quando co– mincia a discorrere della vittoria finale di Cesare, scrive: « Pareva che un'acclamazione unanime salutasse il dittatore: Cesare, in realtà, ri– maneva isolato, prigioniero della sua grandezza e del suo destino». Era facile cedere alla tentazione di svolgere questa intuizione e di sol– levare gli ultimi capitoli verso il tono della tragedia, mostrando Cesare incompreso proprio nel momento in cui la sua opera si fa più originale e le esigenze del suo destino si fanno più imperiose per tutti, a comin– ciare da lui; il Bailly resiste alla tentazione, benché sia chiaro che la tragedia egli la avverte con cuore d'uomo. Chi a volte piglia la mano allo storieo non è il romanziere, è il psi– cologo; e in ciò il Bailly segJie una tendenza abbastanza difflli3a negli studi di critica e di storia in Francia. Non che egli sia un psicologo me– diocre: certi suoi ritratti, certe interpretazioni, certi. commenti brevi tra periodo e periodo son forse la parte più gustosa del libro, quella che a lettura finita si ricorda come un segno di personalità. Ma in qualche caso eccede, e nel tono misurato del racconto la stonatura si avverte di più. Cesare, al ritorno dalla seconda spedizione in Britarinia, nell'au– tunno del 54, riceve la notizia della morte di sua figlia, Giulia. Come ibliotecaGino Bianco

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