Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932

362 U. Ojetti - Lettera a Michele Barbi, pel suo Dante di ,sale tornerà sempre a formarsi come si formava centomil'anni fa; ma questo non si dà nella storia la quale ormai appare fatta di eventi stac– cati e anche illogici, i quali non s'assomigliano e non si ripetono. Pei · nuovi fisici, lo stesso atomo·, lo stesso nucleo dell'atomo è discontinuo. Pei nuovi economisti, lo stesso capitalismo, fondato sull'istinto del ri– sparmio che sembrava radicato nella stessa natura dell'uomo per la di– fesa di sé e dei figli, è agli estremi. I rintocchi delle campane per-le sue esequie vengono dalla Russia, vengono dall'America. Non s'ode altro su questa esangue Europa, tanto che qualche disperato· suggerisce di tornare a sparare i cannoni pur di non udire le lugubri campane. Vorremmo proprio che i giovani, contro la scienza d'oggi, contro il costume d'oggi, contro i sanguinanti ricordi di ieri, credessero, come noi ancora crediamo, che il passato è il punto di partenza e di slancio verso l'avvenire, e che la patria è fatta non solo di speranze e di de– sideri ma, prima, di ricordi e di esempi ? Credere di liberarsi dal pas– sato è, lo so, come credere, con un salto innanzi, di liberarsi dalla pro– pria ombra. Ma in quanti siamo ormai a non patire di queste illusioni? Eppure noi non si dispera, o almeno d'un solo fatto si dispera : di non potere forse coi nostri occhi godere la gioia con cui un giorno sa– ranno ritrovati i nostri antichi, e l'unanime risorgere, dall'architettura, alla filosofia, dalla poesia alla musica, della fede nel nostro passato e nella civiltà nostra, non fede di genuflessi copisti ma di continuatori animosi. Intanto è certo che dall'ansia d'oggi non ci si salva gridando evviva il futuro, ma solo vivendo, com'ella ci aiuta a fare, più stretti che si può a questi spiriti magni, così che le parole loro ci sembrino vicine, quasi sillabate per noi soli nella solitudine del nostro studio; · spiriti creatori ma, com'ella dice di Dante, accesi di continuo nella con– templazione di ciò che fu. E qui mi torna alla mente una pagina del Carducci che (s'era in liceo) Ugo Brilli ci fece trascrivere appena l'Antologia la pubblicò; una pagina in cui il Carducci pensava a Dante e che oggi invece dovrebbe essere arsa su una pubblica piazza dopo un anatema pronunciato, per– ché no?, da un accademico d'Italia: « La grande poesia aspira pur sempre al passato e dal passato procede. I morti sono senza possibilità di novero maggior moltitudine che i vivi; e gli spazi del tempo occupati dal trionfo della morte, senza possibil paragone, più immensi e tranquilli che non il breve momento agitato dal fenomeno della vita>>. 1889: quasi mezzo secolo. Ma non c' è che da aspettare, caro Barbi, perchè tutto torna e, checché ne pensino oggi gli stessi storici, il mondo fa la sua ruota. Ancora grazie dal suo amico UGO 0JETTI. BibliotecaGino Bianco

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