Pègaso - anno IV - n. 4 - aprile 1932

490 M. Praz sulle poltrone di raso rosso a rosette d'argento. Quando parlai io, m'accorsi che il mio ospite era sordo. Un'anima sigillata in qùella, casa sigillata. S'alzò, disegnò un largo gesto verso le pareti, ebbe UIJ. lampo nel benigno sguardo; disse: Ernpire ! Vous aimez dono l'Empire! Ba- stava. Le aìtre parole erano superflue. . Volle sapere perché m'interessava lo stile Impero. Differivamo in questo che in me al gusto per lo stile non s'accompagnava uguale in– teress~ per Napoleone· e i Napoleonidi. E lui, come era giuuto a_diventar collezionista di mobili Impero questo figlio di grande industriale fiam– mingo, questo prefetto e funzionario mancato, studioso ?'arte_ e di sto– ria, erudito illustratore di documenti, appassionato d1 stona loca.le ,_ mecenate di piccoli musei di provincia? Tutto, un salone della su a casa era occupato dal .famoso arazzo della Casta .Susanna, del tempo di Luigi XII, e da oggetti d'arte fiamminga del Rinascimento, cose bellis– sime che in quel giorno sentivo estranee e poco inter,essanti, che egli stesso sentiva ormai appartenere a un lontano pas,sato. Per me Paul Marmottan era l'autore di Les Arts en Toscane so•us Napoléon, il bio– grafo di Elisa Baciocchi e di Louis Boilly, e sopratutto l'amatore di mobili Impero. Che figurasse tra i fondatori della Società della Sabre– tache, che, affascinato da napoleonici sogni d'egemonia, avesse duraute la Grande Guerra rivendicato per la Francia la frontiera sul Reno, tutto ciò mi lasciava assai indifferente. Egli m'indicava nella scala due grandi medaglioni marmorei di Napoleone e di Maria Luisa, e a un tratto mi diceva in un italiano scorrevole e scorretto d'aver comprato quei meda– glioni a Milano: non mi.commuoveva. Si, sì, Napoleone aveva fatto del bene aU'Italia; ma il clangor delle spade, la « ridicola e inutile ta– scaccia che pende lemme lemme al ca-lcagno degli usseri >> ( eome ben dice il Guglielmotti), gli shalcos, i Vive l'Empereur ! ; io non ero arrivato - allo stile Impero per la via della storia. Prima anc6ra che sapessi di Napoleone i miei occhi s'eran fissati su un vecchio cassettone a colonnette portato un giorno in casa dalla cam– pagna, e chi sa perché la sua austera grazia aveva conquiso un bambi– netto ignaro di stili e d'epopee? Poi il cassettone era stato mio, e avevo voluto porre riparo ana stonatura di quel mobile cogli altri. L'armadio a specchio av.eva dovuto cedere il posto a una vetrina comprata coi primi risparmi, che mi valse i rimproveri di mia madre perché troppo angusta, pei vestiti, sicché questi avevo dovuto trasportarli in guardaroba, e con– tentarmi di metter nella vetrina un po' di biancheria; poi il letto di ferro, l'orribile letto di ferro, aveva faUo luogo a un letto en bateau, un mobile trovato in pessimo stato nel magazzino d'un antiquario, e risorto miracolosamente a nuova vita, non senza timori, in famiglia, di fantastiche infezioni e di più probabili e umilianti magagne· poi un giorno eran venute le sedie, e un altro il comodino, poi, coi primi gua– dagni seri, una pazzia: la, psiche. Che c'entrava l'epopea naipoleonica con tutto questo ? Oh, no, io non avrei rivendicato le frontiere del Reno perché Napoleone era stato imperatore. Il mio stile Impero uon era emblema di nessun nazionalismo. Ma anche il buon vecchio un po' trasandato, che si muoveva tra tutti quei tesori come un simpatico avaro tra il suo oro, certo non vedeva BibliotecaGino Bianco

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