Pègaso - anno IV - n. 4 - aprile 1932

Lo scrittore medico Haris Carossa 479 germoglia l'esQere >>. Una forza benefica_ erompe anche dalla buona morte: Basta essere al mondo non importa come. Siamo un'onda della luce primigeni;:i, e abbiamo assunto una veste terrena. Non contan le trasformazioni. Il nero carbone non diventa chiaro cristallo toccato che sia dal raggio della gràzia ? La via alle origini ci è sempre aperta. Confidiamo dunque nella nostra stella che se pure non sente né il nostro giubilo, né i nostri lamenti ci rasserena con la sua luce mite. E accet- tiamo, cosi com'è, la vita! · Solo chi crede che la forza si manifesti in aspetti gladiatorii si me– raviglierà d~ trovarla qui in un''apparente fragilità floreale. Carossa, anni dopo., incede col ooo passo lieve tra i fragori e gli orrori della guerra e la brutalità delle cose non appanna il nitore del suo specchio. Il suo Diario rumeno, premiato :n,el1929 dalla città di Monaco, è, secondo me, il più bel libro di guerra che sia stato scritto in Germania. Medico, e dunque custode della vita, Oarossa non può amare la guerra, ma l'ac– cetta. La contem'pla, la vede. Un po', se volete; come l'ha vista il nostro Soffici. Con .partecipe distacco. Vede la fatica, la morte, il dolore. Chi lo potrebbe meglio di lui che sui campi di battaglia assolve il suo umano ministero ? Vede mostruosità e miserie, vede lo .sbandamento e la follia dei profughi; ma anche la serenità del creato, le steppe ungariche, le masserie rumene, l'oscura maestà del monte Kishava. La natura esiste anche se infuria la guerra; e il poeta è come l'aHodola che canta nelle pause del bombardamento ; ,e ci son sempre le stelle sopra di noi. E nes– sun popolo è stato più dell'altro crudele. E comunque l'artista, come il ~o]e di Dio, splende sul gius,to e sul perverso, -sul nemico e sull'amico. Nessun libro di guerra è di ,guerra come questo, e nessuno lo è cosi poco. La vita vi ha gli stessi diritti della morte, il ·sogno è legittimato quanto la realtà. E v'è, come dire? qualcosa che va di là dalla guerra, come se la fatica e i pericoli cui quest'uomo si sottopone fossero via a fatiche più alte, a perieoli più veri. Come se di tanto incendio egli non volesse rubare che una favilla, ma questa di ben altro fuoco suscitatrice. La guerra, dai campi di Francia a quelli di Rumenia, è l'unico grande viaggio di Hans Garossa. Negli aJtri libri, francamente autobiografici come Una fancvullezza e ·Trasformazioni di gioventù o raecontati in terza persona come Il medico Gion, egli non parla che di una vita, la sua, tutt'altro che ricca d'esperienze esteriori. « Ma, - ci ammonisce Stefan Zweig, - non gli rimproverate questa povertà creatrice perché Hans Carossa fa, p~ cosi dire, della poesia per essenze >>, trae, cioè, · dalle cose più semplici la fonda poesia dell'essere sioèhé intorno a tutto alita l'aperto mistero della creazione. Tutto è per la prima, volta: ma– dre, padre, compagni, piccole amiche, un giardino, la morte, una serpe innocua, una mattinata sul fiume, il richiamo della nostalgia o il- ri– sv,eglio dei sensi. Tutto ,è ridato coi chiari occhi mattinali della infanzia o con gli ardori ancora puri dell'adolescenza: d_unque col magistero di un'arte che a distanza d'anni rivive le cose quasi senza peso, con una magìa tanto più sottile quanto meno appariscente. Che contano in que– sto, caso i fatti? Non bastava forse un colle al Leopardi per raggiun– ger l'infinito ? E anche qui, come dalla guerra, sembra che Hans Oarossa :porti qual- ibliotecaGino Bianco

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