Pègaso - anno IV - n. 3 - marzo 1932

280 G. Rucci di bucce di cocomeri, con quei donnoni sfascia,ti che piglian l'acqua litigando ; c'è un monello scalzo cbe fa le boccacce ai preti : - Ba– garozzi! bagarozzi/' - andiamo via. Ecco lo slargo di Ripetta con le palme giovanine e la veranda di Palazzo Borghese tutta chiusa, avanti! ecco il tondo dell'Acca– demia, con quello squarcio spaventoso fino al tetto; ecco il paese a Roma, le porte scorticate, le mostre piatte, ombrelli scarpe ca– micie bell'e fatte col cartellino dei prezzi ribassati.. .. finalmente! la gran piazza e il sole. I selci ribollono e l'obelisco pare una spada d'oro: dal nero d'el corso, tra le due quinte delle chiesine a 'cupola, scendono le car– rozze in fila: l'acciaio delle ruote manda fiamme. Traversiamo di corRa, siamo al cancello. Il pizzardone, che dorme in piedi sotto la sua feluca, apre un occhio a guardarci. La strad'a sale: le prime palme, le prime rose, i sedili di pietra; le còlonne rostrate in cima al parapetto e già la piazza c'è sotto, i casermoni, piazza d'armi, e l'orizzonte che sfuma verso Monte Mario coi suoi pini. Siamo al piazzale, tutto vuoto, immenso. La ghiaina stritola sotto i piedi. Deserto il palco della banda, deserto l'arco delle sedie di ferro contro le aiuole piene di rose: dietro quelle rose anche ieri sera eravamo a sentil' la musica, in pied[, nel vialino in penombra, come i reietti, e qui era tutto un mare di carrozze luccicanti, di vesti chiare, d'eleganze .... ora le rose e noi, e quest'ombra dei lecci, deliziosa. Ecco la fontana del Mosè, con quella donna di marmo inginoc– chiata sullo specchio dell'acqua, tra i quattro ciuffi di gigari fioriti; ecco i viali d'ippocasta,ni, l'orologio ad acqua nel laghetto dei cigni, i busti d'i marmo in fila e le panchine sotto la luce verde .... La fila si rompe, il <<prefetto>>se ne va .... a,ddio, Valeri; addio, Bernardi ! questo è il nostro regno mattinale : ciascuno si cerchi dove vuole la sua pace. Io mi acquatto qui, in quest'angolo, vicino al somarello di Sar– degna e al tranvaino e a quell'uomo lungo e magro che aspetta come sempre, in piedi, che vengano i bambini : è una scenetta 'che più la rivedo e più mi piace. I binrbi arrivano in gruppo, per mano alle mamme e .stanno seri a sentire quelle gran raccomandazioni; ma quando son montati su, due per sedile, han già un'altra faccia: non guard'ano la mamma, ma il somaro. I due davanti hanno uno le redini, l'altro la frusta, e quello delle redini seguita a tirare, e quello della fru– sta picchi?, e ripicchia; ma la bestia giudiziosa non si muove, non si volta nemmeno. A postLesauriti, l'uomo lungo dà una voce e il somarello parte, a passettini ; piano piano arriva in fondo al viale, volta, torna indietro, sempre con l'uomo lungo accanto, che per vedere i. suoi polli cammina spezzato in due. Alla fine, quando il BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy