Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932

/ 46 D. Valeri pizio; in alto s'aggirano vorticosamente clamori di folle invisibili e strappate di campane che vengono, certo, dall'altro mondo. Di quando in quando un momento di sosta: e allora s'ode lo sgocciolìo delle grondaie confuso con quello delle nuvole. L'acqua dei rii, trapunta. di spilli, picchiettata di bollicine, si fa livida e smorta nell'attesa del nuovo scroscio. Venuta la notte, il mare rafforza spaventosamente la sua voce, traendo risonanze profonde· dalla volta delle ten,ebre. Pare che, drizzato sul lido come una muraglia immensa, esso debba da un · momento all'altro crollarci addosso, frangetido e annegando la città effimera. Le case tremano, schiacciate al suolo dalla paura; l'albero nudo dell'orto stormjsce come se avesse anc6ra tutte le sue foglie. In un lampÒ che scoppia 'chi sa dov.e, e riempie tutta la ca– vità del cielo, par di riconoscere il bagliore dell'occhio corrucciato di Geova. Intanto n~lle osterie, annuvolate di grassi fumi rossastri, si beve vin padovano, e si canta alla ,disperata. Un tenorino animoso. tien sù un . acuto inverosimile tra l'impietrata ammirazione i:legli amici; si sferra quindi un vasto coro di bassi, venato da qualche falsetto femminile; i bicchieri, picchiati su le tavole, segnano il tempo. Quel dei folpi s'è fermato su la soglia ad ascoltare, immo– bile, col suo verde catino fumigante sotto il braccio. D'estate, Venezia è tutt'un impasto amoroso di sole di pietra e d'acqua. D'inverno, invece, ·pare che i raggi la tocchino appena, illuminandola senza penetrarla, pronti sempre a ritrarsene per risalire al loro lucido polo. -La pietra resta pietra, l'acqua acqua. E non c'è neppure un cespo verde né un ramo :fiorito ai balconi o su le . altane, che lo trattenga per sé e se lo beva, questo sole pallido: soltanto qualche peata d'ortolan9, accostata a una riva,· col suo cumulo glauco di verze brinate, qualche mazzetto di bambini, rossi gialli blu, raccolti in un angolo di campò o su una gradinata· d'approdo, qualche morbido viso di fanciulla che sboccia fuori da nere bende, colore di rosa thea. · Città minerale di lineamenti pr~isi, d'esatte architetture, tra un cielo e un'acqua egualmente rtitidi e freddi. E così, spoglia d'ogni velo, e tanto più casta quanto J?iù :riuda, Venezia, pur nella - sua concretezza nuova, ha tutta l'aria d'un paese metafisico. Stamattina c'era appena un fumetto nell'aria, un'appannatura dorata che tramutava i marmi in avorii e l'acqua in una seta dol– c{ssima, cangiante d'azzurro in viola. Venezia si tesseva attorno un tenero bozzolo di miti splendori.. Dopo mezzodì il caligo è calato giù, molliccio e greve, spegnendo in pochi istanti tutti i colori, disfacendo tutte le forme. Gli edifici BibliotecaGino Bianco

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