Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932

Vincent D' lndy 93 lui considerata non come scienza degli accordi ma come risultante dalla sovrapposizione di due o più melodie, e dì cui il principio generatore è · l'accordo perfetto maggiore; sulle scale maggiore e minore, denomina– zioni ch'egli respinge in teoria pur valendosene nella pratica del discorso; sull'improprietà del termine di cromatismo; sul meccanismo dell'inver– sione nella fuga; ed altre. Più intimamente legata alla sua poetica è la teoria dell'unità dell'opera ottenuta mediante quella ch'egli disse « forma ciclica», cioè il ritornar periodico in tutto lo sviluppo della composizione di un elemento tematico modificato nella sua struttura ritmica, melodica, armonica, ma sempre perfettamente riconoscibile. Questa teoria egli le– _gittimava ricorrendo alle analogie architettoniche ed istituendo ingegnosi raffronti con l'arte dei costruttori di cattedrali; ma in fondo l'origine del « ciclismo ll era assai più prossima, cioè nel leit motiv wagneriano, che il musicista francese con accorto senso di adeguamento trasportava dal dramma alla musica da camera e sinfonica, creando dei veri e propri temi-personaggi. Legato per temperamento e per educazione alla tradi– zione della forma strofica, alla forma poematica regolare che, nei mo– menti più felici della sua creazione, riusciva a rivivere liricamente, a sentire ed a far sentire attuale senza sfor?Jo e senza richiami intellettua– listici, egli intendeva dar sapore di cosa nuova alla classica unità e coe– renza dell'opera d'a.rte, fornendo ai discepoli ed ai seguaci regole e schemi. E ciò facendo rendeva insieme un gran servizio agli avversari più avveduti facendoli consapevoli dei limiti di quel linguaggio che allora si comincia,va a parlare: prosa musicale, come più tardi ebbe a, dirla un critico nostro. S'è detto per primo del d'Indy teorico ed educatore, perché della sua personalità questo sembra l'aspetto più importante: qualunque sia la vicenda del gusto musicale nell'avv,enire, lo storico della musica e della cultura musicale francese dovrà riservare un posto di primo piano al– l'animatore della « Schola Cantorum ll ed al gruppo di insegnanti cl.te attorno a lui si ra,ggrupparono, da Bréville a Sérieyx, da Roussel a Ga– stoué, da Le Flem a Vierne, per citare i primi che mi vengono alla me– moria. Il compositore di certo avrà minor fortuna : quante delle sue opere,_ che in totale superano il centinaio, si eseguiscono, si rappresen– tano ? Già nel 1903, Romain Rolland poneva in evidenza il carattere mo– rale e· quasi religioso della sua personalità: « là, - scriveva, - est so11 intérét ewceptionnel, entre tous les artistes contemporains ll. Ma in qual modo ed in qual misura questi lineamenti si ritrovano nell'opera, trasfi– gurati dalla fantasia. dell'artista? Il d'Indy s'inorgogliva di discender direttamente da, Césa,r Franck, di esser il continuatore dell'opera di lui, l'interprete più fedele. Certa– mente lo fu, in quanto sistemò e teorizzò alcune delle premesse estetiche del compositore belga, riuscendo faticosamente a creare un « franckismo >l virn soltanto in sede dialettica e polemica, di cui l'influenza a ben guar– dare fu quasi trascurabile sugli artisti francesi (s'intende dire gli a;rtisti e non gli artigiar11i che la « Schola l> produceva a getto continuo), come ha eccellentemente dimostrato lo Schaeffner. E teorizzando, con quella semplicità di proposizioni e quella forza di sintesi che contribuiscono sì BibliotecaGino Bianco

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