Pègaso - anno IV - n. 1 - gennaio 1932

RICORDO DI ARNALDO MUSSOLINI. Quattro anni fa scrivendo sull'Arte e il l<--,ascismo Arnaldo Mussolini disse: <( Bisogna (prima che sorga un'arte fascista) costruire una solida base perché le cose grandi non possono camminru·e sulla corda come i fu– namboli, e il problema del domani è un problema cli moltitudin,i e non di singoli fortunati amatori e cantori.» E aggiungeva: ((Nòu bisogna rin– negare la tradizione anche per non rinnegare le origini.» Nemmeno quando parlava d'arte e di lettere, lo abbandonavano il buon senso italiano e quella cautela nel giudizio che è propria cli chi fino da gio– vane è stato su una cattedra, per quanto umile e onestamente ha sentito che una parola distratta e un giudizio avventato possono recare, agl'ine– sperti che ascoltano, un danno senz~ rimedio. Talvolta, ancl1e se prese– deva a una riunione di pochi colleghi, anche nell'amichevole conversazione dopo un pranzo, lo vedevamo a testa alta chiudere le palpebre pesanti sui grandi occhi rQtondi, raccogliersi al buio per un attimo, e poi ,fissandoci in faccia e sporgendo le labbra formulare con parole sicure una domanda o una risposta. Nel più precipitoso e infido tra i mestieri di chi scrive, quello del giornalista, egli aveva portato questa regola d'isolarsi, di guar– darsi dentro, prima d'arrischiai·e un articolo, una proposta,, una sen– tenza. Per la cultura, la bellezza, la bontà, la sincerità aveva un culto profondo, fatto d'amore e di rispetto, cli stupore e di fede, perché in esse vedeva la rivelazione più pura dei caratteri del popolo, la prova certa d~lla grandezza e d~lla durata; e le sue letture d'autodidatta erano anelate subito ai grandi, col fervore di chi non ha av\1to in gioventù il tempo di perdersi nelle giravolte delle mode letterarie e dei capricci del gusto, ma subito s'è appoggiato ai pilastri. Quando diceva Foscolo, quando diceva Carducci, pronunciava parole sacre e girava il viso sugli astanti come ad assicurarsi che non vi fossero, tra chi l'ascoltava,, in– fedeli. Era di quei romagnoli convinti pei quali •m dubbio sui dogmi non può essere mai il segno d'un tormento dell'intelligenza o del prin– cipio d'un'altra fedr: è una, bestemmia, e basta. Questo istintivo bisogno di certezza fu la sua forza quando la giusta fortuna politica lo pose in primo piano, alla testa del giornale che Be– nito Mussolini aveva creato per la battaglia. Adesso bisognava difendere la vittoria. Come ? Arnaldo poté sulle prime dubitare delle proprie forze, ma non titubò nella scelta del metodo : una vittoria non si difende e consolida che diventando migliori. E cominciò lui. A trentasette anni, caso nuovissimo, con una costante vigilanza su se medesimo, sul proprio 6· - PlgaJJn. BibliotecaGino Bianco

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