Pègaso - anno III - n. 12 - dicembre 1931

726 N. Tarohiani Ma lo rivedo anche le mille volte per la ben più comoda via OaYour, _ e pareva fatta proprio per lui, - quando dalla casa o da,l palazzo del Buontalenti, sede deìle varie Corti cli Giustizia,, andava allo studio con passo pacioso, fermandosi ad ognt tratto, con una mezza giravolta, a parlare con larghi gesti a quelli che sempre l'accompagnavanb, ,efacevano capannello; interrompendosi poi per rispondere ai continui saluti, ora con un cordiale baciamano e una voce a dieci amici, ora invece con un brusco ammutolirsi ed un quasi dispettoso toccarsi del cappello a larghe tese a cento sconosciuti, tanta era la sua popolarità. Al tempo della gita degli Amici in Valclinievole il Rosadi combattern strenuamente per quella legge delle Antichità e Belle Arti che porta il suo nome, ed ove allora, nel pieno trionfo dei blocchi popolal'i, lui che ai pavidi fiorentini era già apparso un sovversivo, sosteneva il pieno ed assoluto diritto dello Stato sul sottosuolo archeologico, e dava allo Stato potere illimitatissimo sulle antichità e cose d'arte cli pri– vato possesso. Ma, a,l ,Senato certe disposizioni della legge sembrarono, invece che imperialistiche, sovversive; ed egli fu costJ,etto ad attenuare assai qua ,elà, ed a tog·liere molto di buono e presto rimpianto, per farla passare. E passò ; come· pa,ssò poi anche per merito suo la prima legge per la difesa del paesaggio. Perché Giovanni Rosadi, signore .del foro, commediografo applau– dito, scrittor,e fortunato, dedicò alla difesa ed .alla divulgazione del– l'arte grandissima parte della sua attività prodigiosa. Anc.he il recente volume Quello che d,isse Giovanni Rosadi, raccolto con commovente affetto filiale dalla adoratissima Lalage, come quello che •egli stesso avern intitolato poco prima della sua morte Vario arringo, contiene discorsi sull'arte, detti nelle più svariate occa,sioni. E vi sono la stessa passione traboccante e la stessa iihpulsività ;- anche quando, essendo al governo, altri avrebbe avuto forse più di prudenza. Rileggendo, par cli risentire la bella voce, calda, sonora; di riudire il tono sempre sostenuto, quasi senza chiaroscuro, da arringatore abi– tuato alla folla delle Corti d'Assise o delle pubbliche assemblee; cli rivedere il gesto J.argo, misurato, forense. Mai, ch'io ricordi, uno di quegli accorti passaggi in tono minore, amati tanto dal consumato pre– dicatore quanto dall'abile conferenziere. Oratore un po' enfatico. Anche le cose più ardite, anche le frecciate più feroci, - e Dio sa quanti colpi, - declamate sempre con quella' voce baritonale, con quel tono tribunizio, con un perioclai'e ampio, quakhe volta esuberante e pa- ludato. · · Audacia di dire quanto credeva cli dover dire, o solo gli piaceva, mai gli mancò. È sua la definizione di « Minerva nefasta>> ; e quando gli fu ricordata mentre assumeva le funzioni di_sottosegretario all'Istruzione, se la cavò con una garbata facezia. Ma a Napoli, inaugurando nel maggio del '2,1 l'Esposizione cl' Arte dinanzi alla augusta persona del Re, non dubitava cli accusare lo Stato di mancare alla sua doverosa funzione di mecenatismo, e di insistere sulla necessità di accrescere gli stanziamenti per le Belle Arti. « Ma, _ ag– giungeva quasi a spiegazione di tanta deficienza e negligenza, - non si è anc6ra capito che da noi l'arte non è solo fasto e ornamento, ma la BibliotecaGino Bianco

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